Giulianello – Giuliano

[t.2, pp.124-127]

Fu questo il nome di un lago posto 4 miglia ad oriente di Velletri a sinistra della strada di Cora, che ne lambisce il cratere, nome che ebbe dalla vicina Terra di Giuliano, posta un miglio più oltre, a destra della stessa strada come più sotto vedrassi. Questo lago di origine vulcanica avea circa un terzo di miglio di diametro maggiore ed un quinto di diametro minore, poiché era di forma ellittica: esso è stato di recente disseccato dai Borghese signori di Giuliano.
La Terra poi che poi dà nome al lago posta siccome si è indicato di sopra circa 5 m. distante da Velletri, e quasi altrettanto da Cora, è situata sopra un picciolo colle e contiene 304 abitanti che dipendono dal Governo e dalla Legazione di Velletri. Il suo nome derivò probabilmente da un Fundus Julianus, poiché non sussiste ciò che asserì il Piazza, che lo traesse da s. Giuliano suo protettore, il quale piuttosto fu assunto come protettore dalla Terra per la somiglianza del nome.
Esisteva questo castello sul principio del secolo XII. giacché in un codice dell’archivio vaticano veduto dallo scrittore testé nominato si legge che essendo vescovo veliterno Leone, circa l’anno 1101 fu in questo castello trasportato il corpo di s. Marco papa, e vi riposò fino alla metà dello stesso secolo, quando durante il papato di Eugenio III. i Romani iti contro questo castello lo incendiarono e trasportarono il corpo di questo santo in Roma nella chiesa a s. Marco evangelista dedicata. Dopo quella devastazione risorse, e sembra che sul principio del secolo susseguente XIII. fosse da Innocenzo III. infeudato alla sua famiglia; che era, come è noto de’ Conti di Segni, ritenendo però sempre il dominio diretto di esso la sede apostolica. Infatti essendosene impossessato dopo la metà di quel secolo medesimo Giordano monaco di Fossa Nuova, papa Urbano IV. con breve dato in Orvieto l’anno II. del suo papato il dì 18 decembre ingiunse all’usurpatore ed ai suoi fratelli di restituirlo dicendo che era castrum spectans ad Romanam Ecclesiam, e che veniva ritenuto in ipsius ecclesiae praeiudicium. Veggasi il Casimiro Memorie Istoriche ec. p. 156. e seg.
Ritornò in potere de’ Conti, e nel 1301 Bonifaciò VIII. ne investì i figli e gli eredi di Adinolfo Conti, signore di Valmontone, mediante il censo annuo di 20 soldi provisini. Quindi si trova avere appartenuto per metà ai Conti e per metà ai Colonna: e dal Notaio di Nantiporto presso il Muratori Rer. Ital. Script. T. III. P. II. si trae che nel 1482 Jacopo Conti lo saccheggiò e distrusse sopra i Colonna, che l’ aveano occupato intieramente. Cessate le fazioni, e tornato tutto intiero in potere della famiglia Conti, fu dato in dote a Costanza moglie del duca Salviati, e così pervenne al card. Antonio Maria, che molta cura ne prese sul declinare del secolo XVI. ed adornollo di fabbriche. I Salviati lo hanno posseduto fino a questo secolo, e da loro per successione venne ai Borghese che ne sono i signori odierni.
L’aria insalubre di questa contrada ha mietuto la popolazione di questa Terra, che va ogni dì più decadendo, e fa prevedere che col tempo, come Galera, verrà abbandonata. Il villaggio che in parte conserva fabbriche di costruzione saracinesca, che rammentano il secolo XIII. é generalmente ben fabbricato, e soprattutto la chiesa merita particolare menzione. Questa è ampia, e dalla iscrizione apparisce che fu eretta dal duca Jacopo Salviati ad onore de’ ss. Giovanni Battista e Giovanni Evangelista l’anno 1650 dopo aver demolito la vecchia: e che il suo figlio Francesco Maria ne ampliò l’apside l’anno 1690. Il palazzo è oggi ridotto a granaio, e sulla sua porta è il nome del cardinale Anton Maria Salviati. Ivi nel 1823 osservai alcuni quadri non ispregevoli, residuo di quelli che un dì l’adornarono.

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