Ficulea

[t. 2, pp.43-51]

Dionisio Alicarnasseo lib. I. c. XVI, dice, che gli Aborigeni fabbricarono le città degli Antemnati, de’Tellenesi, e de’Ficolesi, dopo averne discacciato i Siculi: e di quella de’Ficolesi aggiunge, che stava presso i così detti monti Corniculani, e che queste città erano ancora abitate a’suoi giorni, cioè ai tempi di Augusto. Di Ficulea poscia più non si fa menzione fino al regno di Tarquinio Prisco, il quale nella guerra contra i Prisci Latini, descritta da Livio lib. I. c. XXXVIII, la prese dopo Corniculum, insieme con Cameria, Crustumerium, Ameriola, Medullia, e Nomentum. Lo storico latino a differenza delle altre città testé nominate, che erano colonie latine, dà l’epiteto di Vetus a Ficulea, che non lo era: Ficulea Vetus. Quindi Marziale lib. VI. ep. XXVII. appellandola Ficeliae in luogo di Ficulea vi aggiunge ancora l’epiteto veteres. Dionisio stesso nota lib. V. c. XL, che allorquando fu ammessa alla cittadinanza di Roma la gente Claudia l’anno 252, le venne assegnato il terreno fra Fidene, e Piculia, ossia Ficulea, cioè, o quella parte dell’agro tolto ai Fidenati di là dall’Aniene, che confinava con quello di Ficulea, ovvero quello che era parte dell’agro ficulense stesso, conquistato da Tarquinio Prisco. Varrone de Lingua Latina lib. V. p. 56. nello spiegare la voce Poplifugia, nome, che si dava al giorno in che il popolo era fuggito dopo la sconfitta dell’Allia, soggiunge, che dopo la partenza de’Galli i popoli intorno a Roma si erano mossi a suo danno e fra quelli sub urbe nomina i Ficuleates, ed i Fidenates. Dopo questo fatto i Ficolesi non figurano più nella storia, ed è probabile, che mai più non si movessero contra Roma. Si ricorda però il loro territorio da Cicerone nelle lettere ad Attico lib. XII. ep. XXXIV, dove da Astura scrive l’oratore romano nel mese di aprile dell’anno 708, intendere di essere il dì seguente nel suburbano di Sica, e poscia nel Ficulense: Cras igitur in Sicae stuburbano: inde quemadmodum suades, puto me in Ficulensi fore; ove dovea avere un congresso con Attico stesso. Alcuno potrebbe credere, che essendo prossimi i territorii di Ficulea, e Nomento, anzi fra loro a contatto, in questo passo si alluda al predio rustico, che Attico avea secondo Cornelio Nepote in queste contrade, e che egli appella nomentano: Nullos habuit hortos, nullant suburbanam, aut maritimam sumptuosam villam, neque in Italia, praeter ardeatinum et nomentanum, rusticum praediunt. Dalla raccolta degli autori intitolata de Limitibus si trae che il territorio ficolense, che ivi Ficiliensis ager si appella fu ripartito e riservato secondo la legge, colla quale fu diviso e riservato quello di Curi de’Sabini. Ora secondo quella raccolta medesima, il territorio di Curi fu venduto dai questori, e con certi termini racchiuso per 50 iugeri. Poscia per commando di Giulio Cesare fu diviso per centurie, e per limiti: furono apposti termini di travertino, ed anche pietre rosse furono segnate. In varii luoghi poi, i muri, le macerie, i sepolcri, i monumenti, il corso de’rivi, o de’fiumi, alberi fissi o stranieri, e pozzi servivano di confine, ed altri segnali che ne’libri degli autori leggevansi. In caso poi, che non si trovassero tali segnali, la direzione de’filoni degli alberi di olivo dovea servire di norma, e così si riconoscevano i confini fralle possessioni diverse. Da questi particolari sembra potersi dedurre, essere andato soggetto il territorio di Ficulea ancora ad essere venduto nella guerra sillana, forse perché i Sabini, e le altre città fra loro e Roma seguirono la fazione di Mario. E che poscia andò soggetto ad una nuova divisione dopo la guerra fra Cesare e Pompeo. Da Dionisio ricordato in principio apparisce, che questa città era abitata ancora ai tempi di Augusto. Seguitò pure ad esserlo poi e forse risorse come altre prische città del Lazio nel corso del primo secolo della era volgare; poichè oltre Plinio che la pone fralle città ancora esistenti, ed oltre il passo di Marziale rammentato di sopra, che appartiene alla epoca di Domiziano, è celebre la iscrizione rinvenuta nel secolo scorso nel tenimento della Cesarina, presso il quale or ora vedrassi essere stata questa città, e non già a Genzano come inesattamente notò lo Chaupy nella Decouverte de la Maison de Campagne d’Horace T. III. p. 258. n. 6. Questa iscrizione è ad onore di Marco Aurelio Antonino, l’ottimo imperadore, erettagli l’anno XVI. della sua potestà tribunizia, ossia l’anno 162 della era volgare, come principe indulgentissimo dai PVERI e PVELLAE ALIMENTARI FICOLENSIVM. Il Marini, che la riporta fralle iscrizioni albane ( fralle quali ancora ritrovasi ) alla p. 42. nota, che Winckelmann, che pur la riporta, dice T. II. della Storia dell’Arte p. 394, che fu scoperta nel luogo stesso, dove era stata collocata a principio, e si querela, che questo non vuol dir nulla, e che si dovrà tuttavia andar cercando il preciso sito della antica Ficolea, o Ficulea. Nelle aggiunte e correzioni poi fidandosi troppo all’asserzione erronea di Chaupy, che confuse la Cesarina fondo de’Cesarini con Genzano feudo loro, dice, che, posto questo, e posto ciò che asserì il Winckelmann, non incontrerem più i Ficolesi lungo la via nomentana. Ma appunto Ficulea fu lungo la via nomentana. E con questo monumento importante fu dissotterrato un fregio scolpito a bassorilievo, sul quale erano rappresentate tali donzelle alimentarie, e che oggi si vede anche esso nella villa Albani, monumento che fu con profonda dottrina illustrato da Zoega nella opera de’Bassorilievi tav. XXXII, e XXXIII. Quindi deducesi, che circa la metà del secondo secolo della era volgare, Ficulea era così popolosa, e salubre, che vi era un collegio di donzelle, il quale fu, secondo Capitolino, nella vita del divo Marco c. XXVI. ivi stabilito ad onore di Faustina sua moglie defunta: novas puellas Faustinianas instituit in honorem uxoris mortuae: ad imitazione di quello che il padre suo adottivo Antonino Pio avea eretto in memoria della Faustina seniore sua moglie, e che intitolò PVELLAE FAVSTINIANAE, come si trae dallo stesso Capitolino nella sua vita c. VIII. e dalle medaglie edite dallo Spanheim e descritte da Eckhel. E Marco Aurelio non restrinse solo la sua istituzione alle donzelle, come avea fatto il divo Pio, ma ancora ai garzoni. PVERI ET PVELLAE ALIMENTARI FICOLENSIVM. Nelle note al Cluverio p. 660 1. 35. fu osservato dall’Olstenio, che papa Innocenzio I. nella lettera VII. nomina come una sola la parocchia nomentana, o feliciense, cioè ficolense; è questo un argomento per credere che sul principio del secolo V. queste due vetuste città erano molto decadute, in modo che non formavano che una sola cura; è altresì una prova della loro vicendevole prossimità. Questo è l’ultimo documento, che di Ficulea finora sia noto. Fralle forme diverse con che s’incontra enunciato il nome di questa città, la più corretta è quella di Ficulea, o Ficolea, nome, che dovrebbe avere la radice commune con vicvs, e che in linguaggio volgare tradurrebbesi Vicarello, Viculus: la leggerezza de’grammatici derivollo da Ficus, e quindi i copisti lo travolsero in Ficulnea: e da questo errore derivò l’altro, che trasmutando il nome in Figulea, ne volle derivare la origine dalle figuline, o fabbriche di terra cotta ivi stabilite. Quindi l’autore degli atti di s. Lorenzo, che come è noto, se non apocrifi, sono molto interpolati, ne fece una città di Figlinae e la trasportò dalla via nomentana nella salaria. Ma basti su questo particolare: egli è difficile dopo trenta secoli rintracciare la etimologia del nome di una città, e trattenersi a lungo sopra tali ricerche non reca utilità corrispondente. Molto più a proposito è l’indagare il sito, dove un tempo questa sorse, onde meglio conoscere i fatti istorici, che la ricordano. Da quanto fu esposto di sopra è chiaro che Ficolea, o Ficulea fu a settentrione di Roma, nel suo suburbano, e che il territorio fu a contatto con quello di Fidene, Nomento, e Corniculum, dicendoci riguardo a quest’ultima città Dionisio, che Ficulea era verso, o presso, o rivolta ( 7.?~5 ) ai monti corniculani. Inoltre Livio la mostra sulla via, o presso la via nomentana fra Roma e Nomento, allorchè lib. III. c. LII. narrando la seconda ritirata de’Romani sul Monte Sacro dice: Via nomentana, cui tunc ficulensi nomen fuit, profecti, castra in Monte Sacro locavere. Era pertanto una via medesima la nomentana de’tempi posteriori quella, che ne’tempi più antichi dicevasi ficulense, e come ebbe nome di nomentana, perché per essa si andava a Nomentum, così perché conduceva a Ficulea ebbe il nome di ficulense. Unendo pertanto insieme le circostanze locali fin qui esposte, dell’esser Ficulea fra Fidene, Crustumerii, Corniculum, e Roma, e presso la via nomentana, io credo di averne potuto determinare il sito in quel colle della tenuta di Casanuova, che per tre lati è difeso dai rivi, che vanno a formare il fosso di Casal de’Pazzi 1 miglio più oltre del casale della Cesarina, e 9 m, lungi da Roma, il quale prolungandosi per circa un miglio trovasi a contatto della via nomentana verso il X miglio da Roma presso il casale di Casanuova. Questo monte volgarmente chiamasi Monte della Creta e dà nome ad un quarto di quella tenuta, della quale fu parlato a suo luogo. A conferma del sito di questa città in tali dintorni si aggiunge la iscrizione seguente trovata nel fondo (con quello confinante ) della Cesarina l’anno 1825. È questa incisa in un masso di travertino scorniciato alto 4 piedi largo 1 e mezzo e grosso 4 piedi ragguagliati, la quale in caratteri di bella forma della era augustana dice:

M CONSIVS M L CERINTHVS ACCENSVS VELATVS IMMVNIS CVM SIM EX VOLVNTATE MEA ET IMPENSA . MEA CLIVOM STRAVI LAPIDE AB . IMO SV SVM LONGVM PEDES CCCXL LATVM. CVM MARGINIBVS PEDES VIIII FIT QUOD STRAVI MILIA PEDVM
M M M LX ITERVM . EVNDEM CLIVOM AB IMO LEVAVI ET CLIVOM MEDIUM FREGI ET DEPRESSI IMPENSA MEA REGIONE FICVLENSI PAGO VLMANO ET TRANSVLMANO PELEGIANO VSQVE AD MARTIS ET VLTRA

Da questa lapide importante apparisce che Marco Consio Cerinto liberto di Marco, accenso velato, essendo immune, di sua propria volontà, ed a sua spesa lastricò con pietre una salita, o clivo per 340 piedi di estensione dal basso all’alto, e largo insieme co’margini 9 piedi, ossia piedi quadrati 3060: e questo clivo fece più agiato alzando le radici di esso e tagliando e deprimendo la parte media, la quale opera fece nella contrada, o territorio ficulense nel pago Ulmano e Transulmana Pelegiano fino e al di là di una statua, o di un tempio di Marte. Chiaro è pertanto da questa lapide in che parte fosse Ficulea. In quello scavo che durò parecchi mesi si osservarono gli avanzi de’fabbricati e delle ville, che costituivano i due pagi nominati nella lapide, i quali forse traevano nome dal rivo della Cesarina che si sarà detto Ulmano per l’abbondanza degli olmi. La lapide fu scoperta fra gli avanzi di camere ben decorate di marmi, e siccome è rozza dietro, è chiaro che fu affissa di fianco al clivo lastricato e fatto più agiato da M. Consio. Fra i marchi di mattoni delle fabbriche scoperte uno ne copiai colla epigrafe seguente:

HIB ET SISIN COS EX PR SAL VLP. VL PIANI

cioè: Hibero et Sisinnio consulibus ex praediis Salvianis Ulpii Ulpiani.
Il consolato d’Ibero e Sisinnio, che ne’fasti erroneamente dicesi Sisenna, appartiene all’anno 133 della era volgare, durante il regno di Adriano. Ivi dappresso vidi pure scavate le lapidi seguenti:

LOCVS DIS. MANIBVS
SEPVLCHRI C. POPPAEO
ESGINIS AVG.L. GEMELLO
AB CODICILLIS VIX.ANN.LXXXX
IN F P CCL MENSIB.III.DIB.II
IN A P CXXXV POPPAEVS PRIMIGENIVS PAT. SVO BEN M.FEC

e molti tubi di piombo col nome di Publio Fabio Abascanto: P. FABIVS ABASCANTVS FEC.
I topografi di Roma e delle sue vicinanze de’tempi passati supponendo Ficulea a Monte Gentile non s’ingannarono, che di circa un miglio; ma certamente gravissimo errore fu quello di supporre avanzi di teatro quelli di una conserva a sinistra della via: e questo errore diè maggior peso alla congettura. V. MONTE GENTILE.

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