DECIMO – AD DECIMVM

[t. 1, p. 547-553]

Castrum Pons-Decimus.

Tenimento, che trae nome dal decimo miglio della via laurentina, posto nell’agro romano, sulla strada detta oggi di Porcigliano e di Decimo, dieci miglia fuori dalla porta s. Paolo, e composta ora di varie tenute denominate Fossola, Morrone, Perna, Pernuzza, Pinzarone, Decima, e Campo Bufalaro, che comprendono insieme 1285 rubbia. Appartiene ai Torreggiani, ed è divisa ne’ quarti di Pinzarone, Crocetta-Perna, Torraccio, Sugareto, Fossola, Monte della Caccia, Torretta e Crocetta Decima, Pernuzza, Pian della Perna, e Casale della Perna. Confina con le tenute di Mandria, Mandriola, Selce, Salcetta, Vallerano, Mostacciano, Grottone, s. Ciriaco, Spinaceto, Tor de’ Cenci, Porcigliano, Castel Romano, e Trigoria.

Il nome del tenimento si comunica al rico che lo percorre, e che cade nel Tevere sotto Malafede, a destra della via ostiense: questo rivo si traversa sopra un ponte seguito pel tratto di quasi un miglio da un argine: il ponte, sebbene sia moderno, probabilmente è sopra fondamenti antichi: lo stesso dee dirsi dell’argine che conserva in molte parti l’antico pavimento formato da poligoni di lava basaltica. Il ponte è al X miglio della via laurentina antica, e perciò fu detto pons ad Decimum, come pons ad Nonum si disse quello sulla via prenestina. Ne’ tempi bassi avea conservato questa denominazione, chiamandosi pons Decimus: e Castrum pontis Decimi si disse un castello ivi dappresso sorto, dove oggi è il casale di Decimo, che vien designato col nome di Castellu Decimi nella bolla di Gregorio VII, dell’anno 1074, dalla quale apparisce, che nel secolo XI era Crescenzio figlio di Riccardo Venatore, che lo donò al monastero di s. Paolo fuori delle mura. Veggasi il Margarini Bullarium Cassinense T. II. Questa denominazione confermata da Gregorio VII. fu di nuovo confermata da Innocenzo III l’anno 1204 nella bolla inserita dal Margarini T. I. Dal monastero di s. Paolo passò poco dopo a quello di s. Alessio, siccome ricavasi dalla bolla di Onorio III dell’anno 1217, nella quale si enumerano i fondi di quel monastero, e fra questi il castrum pontis Decimi cum onibus suis pertinentiis et tenimentis. E questo si ripete in un’altra carta del 1224 riferita dal Nerini nella storia di s. Alessio p. 422, nella quale fu dato in enfiteusi perpetua e libera, cioè da potersi trasmettere, ogni diritto di proprietà totius castri, quod dicitur pons Decimus, la chiesa e le tenute ad essa assegnate a Pietro Frangipane e suoi eredi e successori. Dai Frangipani non sappiamo come tornasse di nuovi in potere dei monaci cirstercensi, che nel secolo XVI dopo il famoso sacco di Borbone lo vendettero ai baroni del Nero, che dal canto loro nel secolo XVII lo cedettero ai Torregiani, i cui eredi ancor o ritengono.

Il rico, che in questo tenimento assume il nome di Decimo, e che si traversa sul ponte indicato di sopra dopo la osteria denominata di Malpasso, è il più grande dell’agro romano da questa parte, poiché raccoglie le acque che scendono dalle pendici meridionali de’ colli albani, e tutte quelle delle terre adiacenti fino a Malafede sulla via ostiense, dove entra Tevere. Le scaturigini più lontane sono quelle sotto monte Savello e monte Crescenzio: e gl’influenti principali sono quelli di s. Palomba, Paglian Casale, Solfarata, e monte di Leva, che si uniscono insieme poco prima del ponte di Decimo. Esso ha un corso di 24 m. ed assume nomi diversi, secondo i fondi che bagna. Al ponte di Decimo distaccasi a destra una strada che lambisce la falda de’ colli sulla sponda destra del rivo, e raggiunge la via ostiense dal ponte di Malafede. A sinistra dopo il ponte si apre la strada che conduce a Castel Romano. V. CASTEL ROMANO. Il casale di Decimo è sulla cresta della catena dello stesso nome, che costeggia la riva sinistra del rivo, un miglio circa più oltre della osteria di Malpasso. Prima di salirvi si lascia a destra un casale, con osteria, fenile, ed albergo, pertinente alla tenuta di Porcigliano, dove dinanzi la porta, incastrato nel suolo ad uso di montatore è un pezzo di architrave di porta di un sepolcro appartenente alla gente Cestia: questo rimane esposto non solo alle ingiurie del tempo, ma a quelle degli uomini, che sen servono per salire a cavallo, per battere i ferri, per bersaglio, per accendervi il fuoco ec., . così che nel 1823 lo vidi mutilato, e nel 1834 l’ho trovato calcinato e sfaldato, in modo che una parte della iscrizione oggi è perita. E siccome questo marmo fu probabilmente rinvenuto in questi contorni, e dall’altro canto è probabile che perisca affatto, perciò credo di riportar qui la iscrizione che è ripetuta sulle due faccie, tanto più che si riferisce ad individui della famiglia di quel Caio Cestio di cui vediamo la piramide alla porta s. Paolo, cioè suoi liberti, o libertini. I caratteri sono contemporanei a quelli della piramide, di bella forma, e de’ tempi augustiani, e la iscrizione da un lato dice:

C. CESTIVS C L PRVNICVS FECIT SIBI ET

C. CESTIO C F PRVNICO FILIO

CESTIAE C F FORTVNATAE F

CESTIAE C F FORTVNATAE CONIVGI

LOLLIAE PRIMAE MATRI

DIONYSIO PTOLOMAEI FRATRI

Il lato opposto è mutilo e consumato, ma da ciò che ne resta è chiaro che avea la stessa epigrafe, se non che nella seconda linea in luogo di FILIO leggevasi FIL. Il pinao di questa iscrizione da un lato ha circa 3 piedi, dall’altro 2 : e la grossezza di due piedi ragguagliati. Nel cortile vidi l’anno 1823 un sarcofago di marmo del III secolo, che non vi ho potuto ritrovare nel 1834.

Ho notato di sopra che questo casale è a’ piedi della collina di Decimo, la quale si prolunga, come un dorso continuato da occidente ad oriente a partire da Dragoncello sul Tevere, dove un dì fu Ficana, fino al promontorio anziate, ed una di quelle tali dune che si andarono formando successivamente a misura che il amre si andò slontanando, ed è la più antica che possa determinarsi; non già che si abbiano sul tal proposito documenti istorici, ma perché il fatto lo mostra. Il casale di Decimo è sul ciglio settentrionale di questa duna e si compone della casa o palazzo del proprietario, della chiesa parrocchiale dedicata a s. Antonio abbate, e di altri fabbricati rurali, opere in gran parte edificate dal cardinal Luigi Torregiani, segretario di stato di papa Clemente XIII, circa l’anno 1760. Contiene circa 35 abitanti stabilmente, ma non sono indigeni.

Calcolata la distanza dell’antica porta di Roma, seguendo sempre la via laurentina, l’undicesimo miglio coincide nel casale di Decimo. Era in questa persuasione, allorché l’anno 1823 perlustrando tutta questa contrada a più riprese, mi avvidi un giorno che nello angolo del casale, aderente alla strada a sinistra, rimaneva ancora, sebbene troncata, la colonna milliaria antica col num. XI. che conservava alcuni titoli pertinenti all’imperadore che l’avea rialzata, o rifatta. Nell’anno 1834 però trovai, che sebbene rimanesse ancora al suo posto l’aveano trasformata in una colonnetta con cappello, deformando in tal guisa un monumento di molta importanza. La colonna è di marmo, ha circa un piede di diametro, e per le dimensioni, la materia, la forma, e lo stile è affatto simile ad altre colonne milliarie del tempo di Massenzio, una delle quali può vedersi nella seconda camera pianterrena del museo capitolino: i titoli che vi rimangono sono i medesimi: e la rozzezza del quadratario la stessa, poiché nel formare la M. onde indicare il milliare si contento delle due aste soltanto, e perciò in luogo di M. XI. vi si legge II. XI. Le parole, che rimangono sono queste:

INVICTO

P . AVG

II XI

La colonna milliaria capitolina dimostra, che prima che vennisse troncata vi si leggeva

DOMINO

NOSTRO

MAXENTIO

INVICTO

P . AVG

II . XI

Presso Decimo verso scirocco torreggia un tumulo artificiale isolato simile a quelli de’ tempi eroici che rimangono nella pianura troiana, e che sir William Gell ha pubblicato nella sua bella opera intitolata, The Topography of Troy and its vicinity: e che ricorda quello di dercennio descritto da Virgilio Aen. Lib. XI. v. 488.

Fuit ingens monte sub alto

Regis Dercenni terreno ex aggere bustum

Antiqui Laurentis opacaque ilice tectus.

Io non oso asserire che questo tumulo sia quello di Dercennio, non può però neppure non esserlo: è certo che è un monumento di lata molto antica, e che se non vuol credersi anteriore alla fondazione di Roma non è neppure di molti secoli posteriore. Né sarebbe improbabile che fosse una memoria perenne della guerra che Anco Marcio fece a Ficana, Politorio, e Tellene, città latine di questo distretto, e che ricordasse il sepolcro di que’ che caddero nella battaglia che fu seguita dalla presa di queste tre città, delle quali io parlo negli articoli rispettivi.

Pel tratto di un miglio dopo Decimo la via laurentina che può sempre tracciarsi pe’ poligoni, ora smossi, ora al posto, ora continuati, ora interrotti, costeggia la selva di Porcigliano: e a destra dopo il casale si apre una strada che conduce a quello di Porcigliano, distante circa 4 miglia. Questo tratto che oggi è incommodissimo ai legni perché arenoso, ineguale, trascurato, offre una veduta piacevolissima e vasta a sinistra che si estende sopra tutta la pianura latina, e volsca, ed è coronata in fondo dai monti Lepini, che per la loro distanza appariscono quasi come ombre: e più sulla sinistra del gruppo del monte Albano, che essendo più vicino si mostra con vivezza maggiore. Un miglio dopo Decimo insensibilmente si entra nella selva laurentina: veggasi la descrizione della via laurentina nell’articolo delle VIE.

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