Borghetto sotto Grotta Ferrata

[t. 1, pp. 308-309]

Castello diruto situato sopra una eminenza di la­va delle ultime falde de’colli tusculani circa 10. miglia distante da Roma a sinistra della strada di Grotta Ferrata, che in questo luogo coincide colla latina antica. Somiglia per la pianta a quello de’ Caetani presso il se­polcro di Cecilia Metella, cioè è un recinto quadrilun­go nella direzione da maestro a scirocco, i cui lati mag­giori vengono difesi ciascuno da 6 torri quadrilatere poco sporgenti in fuori, distanti circa 75 piedi una dalla altra: i minori da 3 contando le angolari in ambedue i lati. Il recinto ha 1275 piedi di giro, cioè 450 di lunghezza e 187 e mezzo di larghezza. La porta era nel lato nord-ovest. La sua costruzione è quella che di­cesi saracinesca, cioè formata di rettangoli di pietra al­bana grossi, particolarmente in uso nel secolo IX. e X. e alla metà di questo ultimo secolo sembra che si pos­sa ascrivere questo castello, fondato probabilmente dai conti tusculani, ricordato col nome di Civitella nella bolla data l’anno 955. da Agapito II. a favore del monastero di s. Silvestro in Capite allora detto de’ ss. Ste­fano, Dionisio, e Silvestro Catapauli.
Ai Savelli apparteneva l’anno 1436. allorché fu pre­so, saccheggiato, e disfatto dalle genti di Eugenio IV, condotte da Giuliano Ricci arcivescovo di Pisa, legato del papa, insieme con Castel Gandolfo, Albano, e Savel­lo, altre terre di quella famiglia, siccome riferisce Paolo di Lelio Petroni nella Miscellanea Istorica inserita dal Muratori ne’Rer. Ital. Scr. Tom. XXIV. pag. 1114. Continuò nulladimeno ad essere in potere de’ Savelli fino ai 10 di ottobre 1473 in che essendo abbate com­mendatario di Grotta Ferrata il cardinale Giuliano della Rovere nipote di Sisto IV. e poscia papa col nome di Giulio II. permutò questo castello colla terra dell’Aric­cia da lui ceduta a Mariano Savelli, siccome si trae dall’istromento esistente nell’archivio Sforza, dal quale ap­parisce che era ancora diruto. Quel cardinale lo ristaurò, e fortificò di nuovo, e di tali lavori chiare appariscono ancora le tracce sì nelle parti inferiori, come nelle su­periori, e nella merlatura: A tal epoca pure, apparten­gono gli avanzi delle case che veggonsi nell’interno. Per testimonianza del notaio da Nantiporto nel Diario inserito dal Muratori nella raccolta sovraindicata T. III. P. II. p. 1071. ai 5 giugno 1482 vi alloggiò il duca di Calabria con 30 squadre di cavalli e 3000 fanti.
Questo castello succeduto alla stazione Ad Deci­mum della via latina fu la causa principale dell’abbandono di questa via, come quello de’ Caetani lo fu dell’Appia.

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