Anio Vetvs et Nova, Acqua

Aniene Vecchia-Aniene Nuova (Acqua)

[t. 1, pp. 162-166 ]

Le qualità sovraindicate delle acque dell’Aniene fu­rono ben presto note ai Romani, i quali appena ebbero concepito la idea di condurre acque avventizie a Roma per bere e per gli altri usi della vita, soli 40 an­ni dopo aver portato l’Appia, che fu la prima di tut­te le acque condotte a Roma, decisero di portare un ramo dell’Aniene l’anno 481 di Roma, essendo consoli Spurio Carvilio e Lucio Papirio per la seconda volta. La opera fu cominciata da Manio Curio Dentato, cen­sore, colle spoglie riportate nella guerra contra il re Pir­ro. Dopo due anni si trattò in senato di compiere que­sto lavoro, ed una grande pluralità seguì il voto del pre­tore: furono pertanto con un senato consulto nomina­ti a duumviri per condur l’acqua Curio stesso, e Ful­vio Flacco, ma Curio dopo 5 giorni morì, onde la gloria dell’aver condotta l’acqua fu tutta di Fulvio. L’acque­dotto cominciava 20 m. lungi da Roma, di là da Tivo­li fuori della porta Variana, che ne testi di Frontino in questa parte corrotti leggesi Rra… nam e nelle edi­zioni Raranam Ravanam, Romanam e Reatinam, come suppose Adler nella sua recente edizione. Egli è a mio parere positivo, che questa porta foste nella di­rezione di quella, che oggi chiamano di s. Giovanni, poiché di là è evidente l’andamento di una via antica, che costeggiando l’Aniene finiva al ponte di Varia, og­gi Vicovaro: e fra la porta ed il ponte degli Arci, un miglio fuori di Tivoli rimane ancora un sepolcro e di là dal ponte suddetto sotto Munitola havvene un altro: ed altre tracce della via antica s’incontrano di là da Castel Madama. E questa strada che io credo essere stata quella, che prima della Valeria conduceva a Varia è anche alquanto più breve e tolta la falda di Castel Madama che attraversa va sempre in piano, ed è me­no pericolosa dell’altra, poiché meno imminente al fiu­me, quantunque ora si avvicini ed or si allontani da esso. Lo speco d’altronde dell’Aniene, tagliato nella ri­pa sinistra del fiume, l’ho veduto io stesso non lungi dal sepolcro sovraindicato prima di giungere al ponte degli Arei.
Il Cassio fa seguire a questo acquedotto l’andamento della ripa del fiume fin alla porta Variana o Barana, come egli l’appella: e di là per la villa d’Este, Cac­ciano, s. Vittorino passando sopra archi il fosso di val­le Pomata, dove rimangono le vestigia di essi e di una piscina limaria, lunga piedi 45, larga 24 e profonda 15, circa: ivi pure si vede lo speco alto 4 piedi e mezzo, largo 3. Di là da s. Vittorino lo speco si dira­ma in due, il grande va verso la vigna Simonetti, il piccolo verso le Muraccie, e poscia si riunisce. Quindi per porta Nevola, Corcolle, Passerano, e s. Maria di Cavamonte sulla via prenestina, costeggiando questa me­desima via fin presso Gabii torceva a sinistra verso Tor­re Iacova, e passando per Tor Sportello, e Vermi­cino, giungeva sulla via latina presso Morena, e la co­steggiava fin di quà dal IV. miglio da Roma, dove ri­volgeva a destra, e per un diverticolo, quasi in linea retta andava a raggiungere per testimonianza di Fron­tino la labicana. Seguiva l’andamento di questa fin pres­so la odierna porta Maggiore, dopo aver diramato a si­nistra un altro speco, di qua da due miglia fuori della antica porta Esquilina cioè uno fuori della odierna sovraindicata, il quale portava l’acqua nella regione della via nuova agli Orti Asiniani, cioè ne’dintorni delle Ter­me di Caracalla, dove si distribuiva. Alla odierna porta Maggiore a sinistra fino a questi ultimi anni è rima­sto scoperto a fior di terra lo speco principale intarta­rito di questo acquedotto, vestigio tanto più pregevole, considerando la remota antichità, alla quale appartiene, il lume che potea trarsi per la sua direzione, che è quasi sempre sotterra, e la sua costruzione di massi te­traedri di tufa. Da questo appariva la verità di quanto scrive Frontino, che quest’acqua veniva a sboccare dentro la porta Esquilina donde con alti rivi veniva diramato per la città: Anio vetus citra IV. milliarium intrat in viam quae a latina in lavicanam inter arcus traiicit: et ipse piscinam habet. Inde intra II. millia­rium partem dat in specum qui vocatur octavianus et pervenit in regionem viae novoe ad hortos asinianos, unde per illum tractum distribuitur. Rectus vero du­ctus secundum Spem Veterem veniens intra portam Esquilinam in altos rivos per urbem deducitur.
Questo acquedotto portava 4398 quinarie di acqua, che si distribuivano parte fuori, parte dentro Roma nel­le regioni I. III. IV. V. VI. VII. VIII. IX. XII. e XIV. per mezzo di 35 castelli, ed avea 43 miglia di giro, cioè 42 m. 779 passi sotto terra e 221 passi sopra so­struzioni.
Quest’acqua chiamossi semplicemente Aniene, come il fiume, dal quale traevasi, finché Claudio non ne de­rivò un’altro braccio: allora questa fu designata col no­me di Aniene Vecchia Anio Vetus, e l’altra con quello di Aniene Nuova Anio Nova. Quest’altro acquedotto, cominciato da Caligola fu terminato da Claudio l’anno di Roma 789, o 65 della era volgare: anche esso fu aperto nella riva sinistra del fiume 5 miglia però di quà da Su­biaco, ossia 42 miglia lungi da Roma secondo Fronti­no; ma secondo la iscrizione esistente a porta Maggio­re si crederebbe tratta dal miglio 62, che è quanto di­re dalle sorgenti stesse del fiume. Frontino medesimo però toglie ogni dubbio, mostrando che Trajano, per evitare che venisse torbida in Roma in occasione di pioggia, fece aprire lo speco sopra la villa neroniana di Subiaco dal lago artificiale, abbandonando quello che al di sotto della stessa villa era stato aperto sulla riva sinistra del fiume dall’imperador Claudio; quindi mentre Aman ferma la distanza assegnata da Frontino si spiega la iscrizione col giro, che faceva l’acquedot­to, che in origine era di 62 miglia, e che per i miglioramenti apportativi, ai tempi di Frontino era di 8 m. 700 passi. Questo speco aperto da Trajano sopra la villa sublacense nel lago, si vede ancora sotto s. Scola­stica, quantunque oggi rimanga ostrutto, e per la rot­tura della chiusa del lago sia un buon centinaio di piedi più alto del livello del fiume.
Sembra, che l’acquedotto trajano per uno de’ponti della villa sublacense, dalla riva destra, nella qua­le si trova lo speco passasse tosto sulla sinistra, onde raggiungere quello edificato da Claudio. Infatti Frontino stesso dice, che circa il miglio 38 dirimpetto alle sor­genti della Claudia che sono sulla via destra del fiume, l’Aniene Nuova ricevea il rivo Ercolaneo, che era pu­rissimo, e che scorre sotto Marano. Prova è questa che l’acquedotto seguendo strettamente il corso del fiume passava sotto quel villaggio. Questo acquedotto essendo il più alto di tutti è per conseguenza in molte parti così apparente per le rovine delle sostruzioni e delle arcua­zioni che ancora rimangono, che se ne può tracciare con maggior sicurezza la direzione. Da sotto Marano per­tanto passava sotto il monte di Saracinesco, quindi entro quello della Foresta dirimpetto a s. Cosimato: di là da questo presso il ponte di Vicovaro, pel quale la Claudia tragittava il fiume, ma i due acquedotti non si univano tanto presto, poiché l’Aniene passava so­pra archi, che ancora si veggono 3 miglia e mezzo più oltre il torrente Valana, e sopra archi, che pure ri­mangono, traversava la valle delle mole di Castel Ma­dama, e quella di Ampiglione, e quindi entrava nella valle degli Arci: dove fiancheggiando il monte Ripoli e l’Aflliano scendeva a Faustiniano, v. AESULA, e di là dirigevasi a ponte Lupo, dove riunivasi all’acque­dotto della Claudia, ma conservando il suo speco se­parato, e superiore a quello V. PONTE LUPO e CLAVDIA.
Quest’acquedotto avea secondo Frontino 49 miglia e 300 passi di opera sotterranea, 9 m. e 400 passi di co­struzioni ed archi, che presso Roma percorrevano il tratto di 6 miglia e 491. passi e così alti che avevano fino a 109 piedi. L’Aniene Vecchia nella livellazione fron­tiniana era frai nove acquedotti il sesto, l’Aniene Nuo­va il primo. Gli archi dell’Aniene Nuova sono sempre costrutti di opera laterizia e reticolata, come pure lo speco, finchè non raggiungono l’acquedotto della Claudia nella valle degli Arci. Dopo quella riunione e quella valle, la Claudia quando va allo scoperto ha sempre archi e speco di pietre quadrilatere e l’Aniene conti­nua sempre ad avere lo speco di opera laterizia e reti­colata.

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