Anguillara – Angvlaria

[t. 1, pp. 148-155]

Terra della Comarca e distretto di Roma di cir­ca 745 abitanti, situata a nord-ovest e circa 20 miglia distante dalla metropoli, la quale formossi sopra una specie di promontorio che s’interna entro il lago, og­gi detto dell’Anguillara e di Bracciano, ed anticamen­te Sabatino ed Angulario, presso un seno, o angolo ri­entrante di esso, dove per un emissario naturale il la­go scarica le sue acque, e forma il fiume Arrone. Il nome odierno è una leggiera alterazione dell’ antico, quanto alla ortografia, non così quanto al significato; imperciocché l’angolo che ivi forma il promontorio nel lago dié il nome di villa Angularia a quella che la gen­te Rutilia, ivi ebbe, e da questo formossi il moderno. Questa importante memoria ci fu conservata nel Dige­sto 1. Rutilia ff. de contr. empt. dai frammenti di Proculo Giureconsulto, dai quali apparisce, che Rutilia Polla comprò il lago Sabatenem Angulariurn, e la spiaggia dieci piedi intorno. Della villa preesistente, o posteriore a questa compra di Rutilia dalla quale ebbe origine la terra odierna, sono prova evidente gli avan­zi di una fabbrica quadrilatera di opera reticolata di selce, sopra i quali oggi è costrutta la osteria; come pure lo sono tanti frammenti antichi, che si veggono sparsi qua e là nel villaggio.
Fin dall’anno 1019 esisteva in questo luogo un borgo fortificato, o castrum, come si ricava da una car­ta esistente nell’archivio di s. Maria in Trastevere segnata il due luglio, dalla quale pure si trae, che allo­ra era sotto Guido conte, figlio di Bellisone, e che af­fittò la pesca del lago tutto intiero: ed allora era la terra più considerabile della contrada, ed avea i suoi milites, o notabili. Come castrum pure ricordasi nel 1205 in una bolla d’Innocenzo III. de’ 15 ottobre che si legge nel Bollario Vaticano tomo I. Si nomina pure in un’altra bolla inserita nella stessa raccolta, emanata da Onorio III. ai 25 febbraio 1217, nella quale si fa pure menzione di una chiesa di s. Michele esistente nel suo territorio. Si trova di nuovo menzione di questa terra murata in una carta di s. Maria in Trastevere de’ 27 maggio 1320, dalla quale apparisce, come Pietro di Amadeo notaio, ed erede del quondam Pietro de Pi­nea, domandò di essere reintegrato nel possesso del­la tenuta, e di tutto il lago dell’Anguillara, in tenuta et possessione totius lacus Anguillariae, qui dicitur Sabbatinus. Frai confini si nomina il castrum Anguil­lariae, come più sotto vengono indicati i pescatori, il commune, lo scinticus o sindaco, e gli abitanti. Poco dopo venuto in potere degli Orsini costituì la linea de’ conti dell’Anguillara, una delle più cospicue di quella famiglia, alla quale si vuole attribuire il tratto ser­peggiante, che si vede tracciato nella barra di mezzo dello stemma Orsini, quasi che con esso siasi voluta indicare un’anguilla; mentre probabilmente è una pro­va, che gli Orsini procedono dal tronco de’ Caetani, che hanno appunto tali linee serpeggianti nel loro stem­ma principale: ed infatti Ioannes caietanus, gaitanus, e gaytanus fu il nome di Niccolò III. che si riguar­da come fondatore, in quanto alle ricchezze, della casa orsina, che figurò tanto nella storia di Roma del se­colo XIV. e XV. E sebbene questo feudo sia passato dopo in potere de’ Grilli di Genova, ultimo rampollo diretto de quali è la duchessa di Mondragone marita­ta al duca di Eboli, nulladimeno frequenti sono le me­morie e gli stemmi della casa orsina in questo castel­lo. La sua situazione è naturalmente forte; gli Orsini però lo coronarono e protessero con mura, e con torri nel secolo XV. a segno che narra l’Infessura presso il Muratori Rer. Ital. Script. T. III. P. II. p. 1206, come ito il duca di Calabria per attaccarlo l’anno 1486, dopo avervi perduto 40 uomini dovè ritirarsi.
La strada principale è in salita e conduce di­rettamente dalla porta alla chiesa collegiata. Presso la porta è la piazza, il palazzo e la villa già Orsini oggi Mondragone a destra: a sinistra incontrasi poco dopo la osteria edificata sulle rovine della fabbrica an­tica, di che feci menzione di sopra. Essa ha 30 piedi di fronte sulla via pubblica, e 33 di fianco, giacché tre angoli ancora conservansi. Presso la osteria stessa si veggono, rocchi di colonne antiche di lava, di 2 pie­di di diametro: un altro se ne vede presso il campanile della chiesa, e parecchi ne rimangono dietro la o­steria sul terrazzo antico: ivi pure havvi un capitello dorico dello stesso diametro; indizii sono questi di qual­che fabbrica insigne in questi dintorni. Vidi pure ba­si di travertino di ordine dorico di diametro inferio­re. Lo stile del capitello, e di queste basi è anteriore certamente alla epoca del raffinamento dell’arte presso i Romani. Altri frammenti di cornici di marmo, e di piccole colonne di granito s’incontrano in questa e nel­le altre parti della Terra. La chiesa che è di cattivo gusto fu riedificata nel 1780 e consacrata ai 10 di mag­gio 1794, in onore dell’Assunta, dal vescovo sutrino Camillo de’Simeoni. Uscendo da questa, e costeggian­done il lato orientale veggonsi nel campanile impiega­ti massi quadrilateri di pietra, indizii di fabbrica an­tica, come pure lo sono quelli messi in opera nelle mu­ra. Una strada a sinistra di quella, che è ad angolo ret­to colla principale, conduce ad un’amena veduta del se­no angolare del lago. Rivolgendosi di là verso mezzodì, vedesì entro un vicolo una testa di Cibele di marmo, più grande del naturale e di buono stile; sarebbe pos­sibile, che i rocchi di colonne sovraindicate, ed i mas­si quadrilateri appartenessero ad un tempio sacro a que­sta dea, il quale poté essere dove oggi è la osteria. Ivi lessi sopra una tavola di marmo entro la casa Jacometti la iscrizione seguente frammentata, appartenente all’an­no III. di Elagabalo, 220 della era volgare, ed il cui nome fu dopo la sua morte cancellato:
……………………………………………………..
……….. o.. pio…………. …………………….
…………ii. pontif. max. trib. potest. iii…….
……maesae.sanctissimae..avg…aviae…imp…..
………………………………………………………
……….ivs….laetvs…dicatissimv………………..
Come è noto Mesa fu la nonna di Elagabalo e di Ales­sandro Severo, e sorella di Giulia Domna moglie di Settimio Severo. Leto poi è il figlio di quel Giulio Leto prefetto del pretorio sotto Commodo, Pertinace, Severo, e Caracalla, e da quest’ultimo fatto uccidere con ve­leno. Veggasi Sparziano in Caracalla c. III.
Un miglio e tre quarti fuori dell’Anguillara a sud-ovest nel luogo denominato s. Stefano sono belle rovine di una villa antica del primo secolo della era volgare. La via per andarvi diverge dalla strada roma­na poco prima di giungere alla chiesa della Trinità a destra per chi va verso Roma. Questa strada sale alcun poco, ed è tagliata nel tufa: giunge ad un ripia­no, ed un miglio distante dall’Anguillara torna a sali­re: questa seconda salita è un poco più ardua, e più breve della precedente, e sempre nel tufa, ed in al­tre materie vulcaniche. Dove sbocca nel secondo ripia­no offre da lungi la veduta delle rovine. Queste han­no formato un tumulo quadrilungo, di cui l’angolo occidentale è determinato dal masso di una piccola conserva di acqua rivestita internamente di astraco. Presso l’angolo settentrionale havvi la tribuna diruta della chiesa di s. Stefano, che dà nome al fondo, con parte de’muri laterali, generalmente costrutti di opera mista, e lavoro del secolo VIII. della era volga­re, meno una parte rivolta ad oriente che si ravvisa ristaurata nel secolo XV, ed ha grande analogia per la costruzione colle fabbriche di Niccolò V. vedendosi im­piegate pietre e mattoni senza alcun ordine. A mez­zodì delle rovine della chiesa rimane in piedi il fab­bricato nobile costrutto di bella opera laterizia. Que­sto è quadrilatero e presenta 45 piedi nella fronte che è rivolta a settentrione: la misura de’lati è inde­terminata, poiché di questi il lato orientale che è il più conservato offre ancora circa 70 piedi di lunghez­za, ma si vede che continuava ad estendersi verso mez­zodì, rimanendo ancora le attaccature de’muri. Nello interno ravvisansi le tracce di due piani superiori al pianterreno: questo veniva illuminato da tre feritoie per lato, e da due feritoie ai fianchi della porta. I pia­ni superiori presentano tre fenestre per ciascun lato corrispondenti alle feritoie e porte del pianterreno. Nello ultimo piano però veggonsi nella parete meridionale in luogo di fenestre due porte di communicazione. La de­corazione esterna del piano superiore consisteva in pi­lastrini laterizii di ordine corintio analoghi per lo sti­le e per la costruzione a quelli del tempio detto del Dio Redicolo nella valle appia.
La strada che conduce da Roma all’Anguillara di­rama dalla via claudia, ossia dalla strada di Bracciano poco dopo il miglio XV. a destra. Da lungi veggonsi sull’altra via a sinistra le rovine di Galeria: traversato un fosso passasi dinanzi le così dette Casaccie, per­ché sono case e fabbriche rurali in rovina, pertinenti ai Chigi. E circa questo punto coincide a destra un an­tico diverticolo che ha 6 piedi romani di larghezza, ed è in parte conservato, in parte sconvolto dall’ aratro; nulladimeno si traccia per un buon miglio, e presso la mola dell’Anguillara torce a sinistra prendendo la direzione della stessa Terra; in modo che io credo es­sere questo l’antico diverticolo che direttamente condu­ceva dalla Claudia alla Villa Angularia. Prima di torcere a sinistra però rade gli avanzi di antichi bagni di ac­qua minerale, consistenti in una camera di opera in­certa di scaglie di selce, legata da tetraedri della stes­sa pietra, addossata ad un greppo, della quale par­lerò più sotto. Sopra il greppo è un ripiano coperto di frantumi di marmo, di terracotta, di scaglie di selce, che è il materiale più particolarmente usato in queste rovine, perché a piccola distanza se ne veggono anco­ra le cave. Ivi pure sono le fondamenta di un tempio rotondo ed ivi dappresso, poco più sotto sono quel­li di un edificio quadrato, ambedue costrutti a masso di scaglie di selce. Questo servì di camera da bagno, ravvisandosi ancora due spechi tagliati nel monte, die­tro di essa, i quali si possono riconoscere entrando per un’apertura moderna fatta nel recesso meridionale. La direzione di questi spechi mostra, che il maggiore an­dava a sboccare nel recesso di mezzo, e che il mino­re andava al laterale. Il recesso di mezzo ha 18 piedi di fronte e 20 di profondità: in fondo ha una nicchia, sotto cui sembra che sgorgasse l’acqua. I laterali ne a­veano 12 di profondità, ma sono distrutti.
A settentrione di questo bagno era il tempio cir­colare, del quale non rimangono altro, che le fondamenta, costrutte del solito masso: queste presentano due muri concentrici, grossi ciascuno circa 2 piedi e mez­zo, ed un grosso pilone rotondo nel centro che ha 6 piedi di diametro: distano i muri fra loro circa 16 piedi, ed altrettanto il muro interno dal pilone; quin­di compresa insieme la grossezza de’ muri, il fabbrica­to presenta 80 piedi di diametro e 240 circa di cir­conferenza. A prima vista credetti che questa fosse u­na piscina, od un serbatoio di acqua; ma riflettendo al muro concentrico, alla distanza, che passa fra un muro e l’altro, alla volta che reggevano, ed al pilone di mezzo, mi persuasi che fosse un tempio, e che i mu­ri concentrici servivano a reggere le colonne e la cel­la: che dintorno ricorrevano i gradini: e che il pilo­ne di mezzo reggeva la volta. Considerando poi, che questo tempio è ad oriente ed a piccola distanza del bagno, e che ivi sorge un’acqua minerale volgarmente detta acetosa, propendo a ravvisarlo, come sacro ad Esculapio, o a Serapide, divinità particolarmente proteg­gitrici della salute. Quindi si conosce la ragione, per­ché il diverticolo prima accostavasi al bagno, e poscia passava dinanzi al tempio. La sorgente poi che anco­ra ivi sbuccia non è la sola, e chiusi i meati superio­ri sgorga oggi più sotto. Ad oriente del tempio, è una piccola rovina di uso incerto. Un miglio e mezzo più oltre verso oriente, torreggia l’avanzo di un sepolcro di forma piramidale volgarmente chiamato il Torraccio questo non ha più rivestimento esterno e manca di ca­mera sepolcrale. Di là da esso verso nord-ovest sono in Valle Trave i pozzi verticali dell’acqua Sabbatina con­dotta a supplimento dell’Alsietina. Da questi seguen­do sempre la stessa direzione nord-ovest, dopo 3 mi­glia si raggiunge la strada moderna dell’Anguillara.
Ma tornando al punto, donde partimmo alle Ca­saccie, ivi la strada diviene men buona, e verso il XVI. miglio si vede spiccare da lungi il cono di Rocca Romana, sempre tetro e nerastro anche da lontano, quasi voglia annunziare la sua origine vulcanica. Entrasi po­scia in prati fertili ed ampli che si traversano per quat­tro miglia: circa 19 miglia e mezzo distante da Roma lasciasi a destra l’ampio fenile Ricciotti, e verso il XX. miglio si passa dinanzi la chiesuola rurale della Trinità, dove viene ad unirsi un’altra strada, che conduce a Cesano. Dinanzi a questa chiesuola sono alcuni rocchi di piccole colonne di marmo, indizio di qualche anti­co edificio esistente in queste vicinanze, ed un pavi­mento moderno formato con antichi poliedri di selce indica in questo luogo la unione del diverticolo di che ho parlato di sopra, alla strada moderna. Dopo que­sta chiesa si ha un trivio: la strada a destra si riuni­sce a quella di Cesano e per essa alla Cassia: quella a sinistra va a s. Stefano ed a Bracciano: e quella di mezzo conduce direttamente all’Anguillara. Andando per questa via, poco dopo passato il trivio sovraindica­to si apre dinanzi gli occhi la veduta magnifica del la­go che per la estensione assomiglia ad un seno di mare che con varii golfi s’interna entro colli ora erbosi, ora coperti di selve secolari: e quantunque per i prodotti, e per la natura del suolo che lo circonda sia chiaro che è di origine vulcanica, nulladimeno per l’ampiezza del cratere e pel declivio de’colli che lo fiancheggiano verso sud-ovest che non sono né alti, né dirupati ha un aspetto più ameno e certamente più maestoso di quel­lo di Albano e di Nemi.

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