Algidvm Oppidvm
Algidvs Mons
Monte e castello sul confine del territorio de Volsci-Veliterni, e de’ Latini Tusculani, ricordati sovente dagli antichi scrittori sì latini, che greci. La sua etimologia si trae dal freddo, algor, che ivi regna assiduamente, quindi gelido lo chiama Orazio Odar. lib. I. od. XXI.
Quaecumque aut gelido prominet Algido
come algidus per algente, e per invernale e freddo si usa da Catullo LXIII. LXX. e da Nevio presso Cicerone Orat. XLV. e sostantivamente per freddo da Simmaco lib. III. epist. L. Algidus chiamavasi il monte, Algidum il castello fortificato che vi aveano edificato i Volsci. Il monte, come il castello furono il luogo di molti combattimenti fra i Romani, i Volsci, e gli Equi sul finire del III e nel primo periodo del IV. secolo di Roma. Lo scoliaste di Orazio edito dal Crucquio, commentando quel verso della quarta ode del libro IV.
Nigrae feraci frondis in Algido:
lo mostra nell’agro tusculano: qui mons est in agro tusculano. Strabone lib. V. capo III. S. 9. 12. dice, che la via latina scavalcando il dorso tusculano ed il monte albano discende al castello di Algido, ed alla osteria di Pictae….. più indentro della catena di Tivoli e Preneste è un altro dorso, che lascia un vallone in mezzo, quello cioè verso Algido, dorso, che s’innalza fino al monte albano. Così Tito Livio lib. III. c. XXIII. narrando la occupazione che fecero gli Equi della cittadella di Tusculo l’anno 297 di Roma, e come dopo un’ assedio di alcuni mesi dovettero arrendersi a discrezione, dice, che questi, dopo essere stati fatti passare nudi ed inermi sotto il giogo dai Tusculani, furono raggiunti dal console romano Quinto Fabio Vibulano nell’Algido e spenti. E nel capo XXV. mostra come gli Equi, Graccho duce in lavicanum agrum, inde in tusculanum hostili populatione veniunt plenique praedae in Algido castra locant. E più sotto, descrivendo, come il console Minucio era stato accerchiato dagli Equi nell’Algido, i Romani avendo proclamato per dittatore Lucio Quinzio Cincinnato, usciti di Roma, media nocte in Algidum perveniunt. Nella stessa guisa Dionisio lib. XI. c. III. dice, che gli Equi l’anno 307 dopo aver devastato il territorio de’Tusculani si accamparono nella città di Algido: […] – e capo XXIII. che i Romani disfatti dagli Equi nell’Algido si ritirarono a Tusculo. Il passo di Strabone notato di sopra vien confermato da Livio libro XXVI. e. IX. allorché racconta la mossa di Annibale contra Roma l’anno 543, dicendo che quel capitano venendo per la via latina ( Algido Tusculum petiit ) passando per Algido andò a Tusculo, dove non fu ricevuto, onde sotto Tusculo piegando a destra discese a Gabii. Da tutte queste testimonianze ricavasi, che il monte Algido ben distinto era dal monte Albano, quantunque appartenesse allo stesso gruppo: che era nel territorio tusculano, ma sul confine di esso, onde spesso venne occupato dagli Equi collegati de’ Volsci: che la distanza da Roma era tale che Cincinnato eletto dittatore, levò un esercito, e postosi in cammino nello stesso giorno, poté giungervi a mezza notte: che il castello che ne traeva nome, ai tempi di Annibale, come a quelli di Augusto, e di Tiberio si trovava sull’imboccar della gola, dove la via latina discendeva nella pianura. Queste circostanze si riuniscono tutte in una punta culminante, acuminata, selvosa, e negra, orrida; ed infame sempre pe’ latrocinii, 6 miglia a mezzodì di Rocca Priora e molto prossima al monte Artemisio. Orazio nel lib. III. Od. XXIII lo dice nevoso e coperto di quercie e di elci:
Nam quae nivali pascitur Algido
Devota quercus inter et ilices
Aut crescit albanis in herbis
Victima pontificum secures
Cervice tinget.
e lib. IV. od. IV.
Duris, ut ilex tonsa bipennibus
Nigrae feraci frondis in Algido.
Horrens lo appella Stazio nelle Selve lib. IV. §. 4.
Circa il castello, del quale si è più volte parlato, sembra che sia avvenuto di esso ciò che di altri luoghi antichi si nota, che abbia cioè cangiato posizione, e che in origine fosse sulla cima del monte, e poscia smantellato dai Romani fosse trasportato a piè di esso sulla via latina. Imperciocché sulla sommità del monte rimangono rovine imponenti di tre diversi recinti, che furono da me visitate con grave pericolo per le bande degli assassini che l’infestavano il dì 2 giugno 1825. Vi andai con una guida di Rocca Priora molto pratica di que’ boschi quasi impenetrabili, dove appena si traccia un sentiere. Circa 3 miglia e mezzo distante da Rocca Priora giunsi a piè della base di questo cono selvoso ed orrido, e dopo meno di una ora pervenni alla sommità aprendomi la strada frai rami e gli arbusti. Il primo recinto è sopra una rupe tagliata a picco, e di esso veggonsi soltanto le pietre sparse. Il secondo recinto è di tetraedri irregolari non commessi a scacco, ma senza ordine, come si osserva in altre mura antichissime, a Satrico, ad Ardea ee. Il terzo recinto presenta 12 piedi di grossezza, e conserva ancora 11 strati di pietre. Nel secondo recinto è una conserva di acqua: presso il terzo è un pozzo. Questi recinti secondo il metodo antico di fortificazione offrono varii angoli ottusi. Secondo il costume de’ Romani nella distruzione delle città, il tempio di Diana, che era entro il terzo recinto, o la cittadella rimase illeso, e di questo cantò Orazio lib. I. od. XXI. e nel Carmen Saeculare:
Quaeque Aventinum tenet Algidumque
Quindecim Diana preces virorum
Curat; et votis puerorum amicas
Applicat aures.
Queste rovine dell’Algidum primitivo furono visitate nel secolo passato per la prima volta dallo Chaupy che ne parla nella Decouverte de la Maison de Campagne d’ Horace Tom. II p. 158. Sul monte Algido era pur venerata la Fortuna, poiché Livio lib. XXI. c. LXII. racconta che nell’anno 536 fu decretata una supplicazione a quella dea: et supplicatio Fortunae in Algido. Sir William Gell propende a credere che il tempio sacro a questa dea sia quello circolare, le cui rovine vennero esaminate e disegnate da lord Beverley negli anni scorsi, dalle quali può trarsi che sorgesse sopra un podio alto, o stilobata, coronato intorno da una cornice molto particolare e sporgente in fuori: sopra questo podio piantavano le colonne, i cui piedestalli piuttosto alti staccavansi dalla cornice. Egli appoggia questa opinione coll’argomento di analogia che anche il tempio della Fortuna Prenestina era rotondo. Non avendo veduto questi avanzi visitati da lord Deverley mi limito a riferire quello che altri hanno asserito.
Circa poi l’Algidum secondo, o de’ Romani, è chiaro per le testimonianze di Livio e di Strabone ricordate di sopra che fu all’ingresso della gola che oggi per corruzione dicesi la Cava dell’Allio in luogo di Algido, probabilmente sul monte Fiore, o sopra uno de’ colli che dominano immediatamente la gola a destra e sinistra. Di questo castello non rimangono avanzi visibili, quantunque si abbiano memorie di esso come esistente fino al secolo XII. poiché nelle memorie de’conti tusculani raccolte dal Galletti, che si conservano nella Biblioteca Vaticana n. 8042. si legge come Ottaviano figlio di Alberico conte tusculano cedette nel 1064 al monastero di Monte Cassino la sua porzione della chiesa di s. Michele Arcangelo posta juxta castrum meum qui dicitur Alcido: e da questo documento apparisce che era un castrum dipendente dai conti tusculani. Lo stesso rilevasi ancora da Pandolfo Pisano nella vita di Pasquale II dicendo, che nell’andare a Fumone le genti di quel papa circa l’anno 1100, dopo essere entrate nel territorio di Tolomeo conte tusculano giunte ad Algido furono assalite da Tolomeo, e fatte prigioni. Veggansi i Rerum Ital. Script. Tomo III. P: I. p. 357. Nel 1164 apparisce dalla cronaca cassinense che vi esisteva ancora il monastero di s. Angelo, che avea il soprannome di Algido. E questa è la ultima memoria che ne ho trovato. Nella celebre bolla di Gregorio II. dell’anno 715 della era volgare apparisce come l’Algido dava nome ad una massa, o cumulo di fondi che si chiamava massa algisia, e che da quel papa fu donata a s. Pietro, siccome si legge nella tavola originale affissa nel portico di quella basilica: allora era parte del patrimonio labicanense che si estendeva fin presso Anagni. La selva poi trovasi nomata Algiaris nella storia di Malaspina lib. I. c. V. inserita dal Muratori ne’Rer. Ital. Script. T. VIII. p. 798. e seg.
Molti de’ moderni scrittori attribuiscono ad Algido quello che racconta Procopio Guerra Gotica lib. III. c. XXII. XXIII. In quello scrittore si legge che Totila dopo aver presa Roma l’anno 547, avendo cominciato a demolirla, dissuaso da una lettera di Belisario, condusse la maggior parte della sua oste 120 stadi, cioè 12 miglia distante da Roma verso occidente nel luogo detto Algedone, […] ed ordinò che ivi rimanesse tranquillo, onde in nessun modo fosse possibile a Belisario lo uscire dalla città di Porto, […]. Ed usciti 1000 uomini da Porto, i Goti attendati in Algedone si posero in imboscata ne’ villaggi intorno a Roma, dove avvenuta la zuffa ebbero la peggio; ma le genti di Belisario dall’altro canto, sebbene vittoriosi doverono ritrarsi prestamente in Porto. Ad eccezione di una somiglianza di nome, probabilmente alterato da’ copisti, tutto il resto è perfettamente in opposizione con Algido; imperciocché non 120, ma più di 160 stadi era questo castello distante da Roma: non ad occidente, ma ad oriente invernale: non nella direzione di Porto, ma affatto lontano e di fianco, in guisa che riderebbe citi udisse dire che un esercito si portasse sotto Rocca Priora per intercettare le communicazioni, o le corrispondenze fra Porto e Roma. D’uopo pertanto è conchiudere, o che il nome è alterato, o che l’ […] di Procopio è affatto diverso da quello di tutti gli altri antichi scrittori. Io, propendo per la prima supposizione, e credo nascondersi in […] il nome di Alsium, nel quale però fa ostacolo la distanza di soli 120 stadii, essendo esso 210 stadii lungi da Roma; ma non è difficile che anche il numero sia alterato. Comunque però voglia prendersi la cosa è certo che il fatto narrato da Procopio non può in modo alcuno accordarsi coll’Algido di Livio, Dionisio, e Strabone. E sull’alterazione de’ nomi degli antichi scrittori, e particolarmente di questo un’altra prova ne offre Diodoro, che narrando il fatto di Virginio lo appella in luogo di […], nome giudicato da tutti i critici corrotto.