PEDVM – GALLICANO

[t. 2, pp. 552-557]

Catrum Gallicani

Terra di 889 abitanti nel distretto di Tivoli e nella diocesi di Palestrina, appartenente ai Pallavicini, posta sopra un colle dirupato di tufa litoide di colore lionato, che ha tutta l’apparenza di avere occupato il sito di una città antica; imperciocchè il colle, su cui giace è dirupato da tutte le parti, e simile alla pinata di un piede si unisce, come un istmo verso oriente alla lacinia, che su prolunga da Preneste verso occidente fino all’Aniene frastagliata in varie guise da numerosi scoli. Aggiungansi a questo fatto le caverne sepolcrali tagliane nel tufa, simili per lo stile e la forma a quelle de’dintorni di Lugnano (BOLA), e Valmontono (TOLERIA), i tagli artificiali delle rupi, onde aprire le vie, e le memorie storiche che ci sono rimaste di queste contrade, parmi di potere stabile con sicurezza, che nel sito di Gallicano sorgesse PEDVM, città latina, che pervenne ad un grado di potenza, a segno di dar nome ad un territorio, e che viene circondata dagli antichi scrittori sempre come intermedia tra Labico, Bola, Preneste e Tibur.

Stefano, o piuttosto il suo epitomatore, appella Πεδα questa città, e la dice ausonica, o italica: Livio costantemente la chiamava Pedum : ora Peda in latino equivale a vestigium, pedata, ed in tal caso direbbasi la città aver tratto nome dalla forma simile alla pinata del piede, come Bola, o Vola da quella della mano: che se vuol trasrsene la etimologia piuttosto da Pedum, pastorale, nome del bastone ricurvo de’ pastori, che veggiamo in mano de’Fauni, ancora questo può dirsi avere alluso alla sua apparenza esterna, estremamente stretta, lunga, e nella estremità, rivolgente in tondo. Caretteri sono questi che combinano assai bene colla forma del colle di Gallicano.

Dionisio lib. VIII. c. XXVI l’appella piccola città, e forse in origine sarà stata dipendente dalla vicina Preneste; ma posteriormente essendosi emancipata, fu capo lungo di una tribù, o distretto del Lazio. Tale rango occupava di già l’anno 258 di Roma, allorchè comparisce la prima volta nella storia, prendendo parte nella famosa lega latina stretta per riporre i Tarquinj sul trono. Fionisio lib. V. c. LXI. Divenuta amica de’ Romani, dopo la rotto sofferta al lago Regillo, questa città si conservò fedele nella scorreria di Coriolano contra le città latine alleate di Roma, onde quell’esule condusse ancora contro di essa l’esercito de’Volsci. Veggansi Dionisio, Livio, e Plutarco; frai quali Dionisio lib. VIII. c. XIX. narrando con particolari più lungu quella impresa, dice che Marcio, impadronitosi di Labico, si volse contro i Pedani, prese di assalto la città, ed assoggettolla alle medesime tristissime condizioni delle altre città prese antecedentemente: e di là condusse le oste contro Corbione. Livio lib. II. c. XXXIX dice, che Coriolano, dopo Labico prese Pedo, e che di là condusse immediatamente l’esarcito contra Roma. Passato quel turbine, Pedo ritornò nella primiera sua indipendenza. L’anno 397 i Galli reduci da Preneste vi si accamparono, e vennero messi in rotta dal dittatore C. Sulpicio: Livio lib. VII. c. XII. e seg. Susseguentemente nel principio del secolo seguente strinse lega coi Prenestini e coi Tiburtini  contro i Romani, e sì fermamente la osservò che fu una delle ultime città latine ad essere sottomessa. Il console Lucio Furio Camillo, a cui era stata affidata quella guerra prese nel 417 di assalto questa città e ne ebbe l’onore del trionfo, come si trae da Livio lib. VII. c. XII. e seg. e dai Fasti Capitolini.

Dopo tale vicenda andò insensibilmente così decadendo, che il territorio soltanto ne conservò il nome, e regio pedana fu detta, senza che di Pedum mai più si faccia menzione. Cicerone nella lettera ad Attico, lib. IX. ep. XVIII, scritta ai 29 di marzo dell’anno 704 di Roma, rendendogliconto del suo abboccamento con Cesare a Formie, tendente a riappacificarlo con Pompeo ed evitare così la guerra civile, dice, che terminata la conferenza, Cesare immantinente andò nella sua villa pedana, ed egli ad Arpino: continuo, ipse in Pedanum , ego Arpinum. Ebbe pertanto Cesare una villa nel territorio pedano, come Cicerono una ne avea nell’arpinate. Una pure ne avea nella regione pedana Tibullo, siccome si ricava da quel verso di Orazio lib. I. epist. IV. v.2.

Quid nunc te dicam facere in regione pedana?

E lo scoliaaste antico commentando le ultime due parole dice, che quella regione fu tra Tibur e Preneste, la cui etimologia altri traevano dal monumento di un tal Pedano che dicevasi ancora esistente, altri da Pedo, città fortificata, non lungi da Roma, che allora non esisteva più: vel ab Italiae oppido Pedo, quod non longe fuit ab urbe, sed modo non est. Che se il silenzio unanime degli scrittori antichi sopra questa città dopo l’anno 417 di Roma, e l’asserzione positiva dello scoliaste non vogliano tenersi come argomenti positivi, che Pedum non esisteva più fin dagli ultimi tempi della repubblica, non potrà certamente negarsi fede a Plinio, che apertamente inserisce nel catalogo delle città estinte del Lazio ancora Pedum. Festo ne appresende che Scaptia, piccola città di questi stessi dintorni, distante circa 4 miglia da Pedum, siccome vedrassi a suo luogo ( v. SCAPTIA) era abitata dai Pedani.

Strabono notò, che molte città primitive del Lazio a’suoi giorni erano divenute fondi, proprietà di privat, e fra queste conviene porre anche Pedum. Il nome di Gallicano, che porta la terra sorta sulle sue rovine, e che certamente di già esisteva l’anno 992 della era volgare, m’inducono a credere che un qualche personaggio di questo nome possedesse ne’ tempi antichi quel fondo, che fundus Gallicani si sarà detto. E di Gallicani la storia imperiale non va scarsa, poichè parecchi consoli di questo nome s’incontrano, come quello dell’anno 127. e Romulo Gallicano dell’anno 150, e Cneo Messio Gallicano del 237, e Caio Rutilio Gallicano, di cui non si conosce l’anno preciso, e finalmente Ovinio Gallicano, prefetto di Roma nel 316, console nel 317, e nuovamente nel 330, il quale fu celebre ancora ne’fasti ecclesiastici, come può leggersi in Anastasio nella vita Silvestri I. in Adone nel Martyrol. XXV. Iunii , che nel Martilogio Romano; martire che la Chiesa cattolica venera col nome di s. Gallicano. Ma quale di tutti questi personaggi abbia dato nome alla terra odierna, è affatto incerto, e forse nessuno di essi, potendo essere stato un Gallicano a noi ignoto, e grave indizio è che nol fosse Ovinio Gallicano, poichè certamente non mancherebbero memorie sacre in suo onore, e d’altronde sembra che le sue possidenze principalmente fossero nel littorale ostiense e presso Suessa, oggi Sessa, presso Magliano in Sabina, presso Pictae sulla via latina, e presso la Insugherata sulla Claudia. Qualunque però sia il Gallicano, che di+ il nome alla terra odierna, egli è certo che questa esisteva fin dall’anno 992, poichè Ottone III, confermando in quell’anno il castello di Poli al monastero di s. Andrea sul clivo di Scauro nomina frai confini del territorio da un lato la terra Prenestina, dall’altro Gallicani: il documento esiste nell’archizio de’Camaldolesi e fu pubblicato nel T. IV degli Annali p. 605. L’anno 1010 Giovanni e Crescenzo Conti figli di Benedetto donarono all’abbate Giovanni ed al monastero di Subiaco in espiazione dell’anima del loro padre e della loro madre Teodorada una chiesa per edificarvi un monastero ad onore di s. Maria, posta iuxta Castrum Gallicanum, indiziodel dominio di quella famiglia sopra questa terra che era di già un Castrum. Veggasi il Muratori Antiq. Med. Aevi T. V. pag. 774. Nella locazione di quello stesso castello di Poli, che l’abbate Benedetto di quel monastero fece a Giovanni Conte, l’anno 1051 trovasi di nuovo il nome di Gallicano, come confine. Allora il castello di Gallicano era posseduto da un Teodoro da Rufino, il quale lo concesse al monastero di s. Paolo fuori delle mura, ed a questo fu confermato da Gregorio VII. nella Costituzione del 1074 riportata da Margarini Bull. Cassin. T. II. Il successore però di Gregorio Vii. dopo Vittore II. ed Urbano II, cioè papa Pasquale II. nella bolla del 115 inserito nel Chronicon Sublacense p.1055, concedette Castellum Gallicanum cum ecllesiis fundis et casalibus et omnibus pertinentiis suis al monastero di Subiaco. Frattanto i Colonnesi estesero da questa parte le loro possidenze, e diveneero anche padorni di Gallicano, sia per usurpazione, come pur troppo in quei luoghi lagrimosi avveniva, sia per acquisto, o per donazione. Un documento esistente nell’Archivio Colonna e riportato dal Petrini, Memorie prenestine n. 19 mostra che nelle fivisione de’beni dell’anno 1242 Gallicano, S. Cesario, e che Camporazio divennero partaggio di Pietro Colonna, e formò un ramo particolare, che fu detto de’signori di Gallicano. Le suddivisioni e successive incorporazioni, che avvennero di questo feudo possono legersi in Petrini, come pure varii piccioli fatti avvenuti nel 1414, 1424, ec. Nella celebre spedizione del card. Vitelleschi, cornetano, questa terra fu presa per penuria di acqua, come narra il Cecconi p. 301. Passò nel 1448 a Stefano Colonna, siccome si trae da un documento inserito dal Pertini n. 58. Nel 1526 fu posta a sacco dalle genti di Clemente VII. Cecconi p. 319. Estinguendosi il ramo de’Colonna di Gallicano, venne questa terra in potere de’Ludovisi, ed il papa Gregorio XV. di quella famiglia la visitò nell’anno 1622. come ricavasi dal libro parrocchiale di quella chiesa. Divenne in seguito proprietà de’Pallavicini, e pel matrimonio di Maria Camilla Pallavicini con Giovanni Battista Rospigliosi passò  a quella famiglia; dopo la morte però di Giovanni Battista ne fu investito il suo secondogenito, nella cui linea rimane ancora. A Gallicano si può andare per la via prenestina antuica, ed è distante da Roma circa 19 miglia; per la strada di Poli passando per Corcollo e Passarano, la distanza ascende a 22 miglia, ma la strada è oltremodo più commoda, e carrozzabile; per la moderna strada della Colonna, ossia l’antica via labicana, la distanza di 19 m. è eguale che per la prenestina, ma vi sono circa 3m che debbonsi traversare a piedi, o a cavallo fralla osteria della COlonna e Cavamonte per sentieri, che serpeggiano entro la tenuta denominata la Pallavicina. Di queste strade diverse, il tratto che lega quella della Colonna, ossia la via labicana colla prenestina a Cavamonte è il più monotono. I monumenti che incontransi sulla via labicana, e sulla via prenestina, come pure i ponti presso Gallicano vengono descritti al loro luogo, secondo le indicazione della Carta, essendo superfluo ripetere ciò che negli articoli distinti è stato indicato.

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