Nomentum Mentana, Lamentana

[t.2, pp. 409-415]

Civitas Nomentana – Castrum Numentanae

La Mentana o Mentana è una Terra della Comarca di Roma nel distretto di Tivoli e Governo di Palombara la quale contiene 472 abitanti, ed è situata sulla antica via nomentana circa 14 m. e mezzo lontano da Roma.

Essa è succeduta all’antica città di Nomentum, così sovente ricordata negli antichi scrittori, dai quali apparisce, che fu una colonia albana, ossia de’prischi Latini fondata nel territorio sabino conquistato da Latino Silvio terzo re di Albalonga. Imperciocchè Virgilio nella famosa predizione fatta da Anchise ad Enea, Aen. lib. VI. v. 773, parlando delle città, che i suoi discendenti avrebbero fondato dice:

Hi tibi Nomentum, Gabios, urbemque Fidenam.

L’autore della Origo Gentis Romanae poi al c. XVII. nota, che fu Latino Silvio che dedusse le colonie albane: fralle quali ricorda Nomentum: e Dionisio lib. II. c. LIII. parlando di Fidene scrive: “ed era una colonia degli Albani fondata nello stesso tempo che Nomento e Crustumeria, essendone condottieri tra fratelli, de’quali il primo fu quegli che edificò Fidene”. Quindi Fidene, Nomento e Crustumeria furono fondate da tre fratelli nello stesso tempo, cioè sotto Latino Silvio. Nella guerra di Tarquinio Prisco contra le colonie albane del distretto denominato de’prischi Latini, si trovò involta anche Nomento, la quale si arrese supplichevole, e perciò fu con somma clemenza trattata: Livio lib. I. c. XXXVIII. Dionisio lib. III. c. L: poichè sembra, che il re di Roma si contentasse di far riconoscere loro la supremazia della metropoli, ritenendo essi la forma del governo stabilito.

Espulsi i re pel misfatto di Sesto Tarquinio i Latini pe’maneggi degli esuli sostenuti da Mamilio genero di Tarquinio si dichiararono sciolti da ogni legame con Roma, e strinsero la famosa lega per ripristinare il governo monarchico: frai popoli che si ricordano da Dionisio lib. V. c. XLI. come partecipi di quella lega si nominano ancora i Nomentani. Ma come è noto, le speranze de’Tarquinii, ed i tentativi della lega furono abbattuti dal valore romano nella battaglia del lago Regillo. Ivi stabilitasi dopo quella giornata la concordia frai popoli belligeranti, i Nomentani rimasero strettamente attaccati dopo quella epoca ai Romani fino all’ultimo general movimento del Lazio sul principio del quinto secolo di Roma, descritto da Livio nella prima parte del libro VIII. Questo storico stesso al capo XIV. di quel libro narrando le diverse categorie, in che i Romani posero i popoli vinti, dice, che i Nomentani furono messi in quella de’Lanuvini, come gli Aricini ed i Pedani, cioè i Romani li ammisero alla cittadinanza, e dall’altro canto vollero essere ammessi ai loro sacrificii, come se fossero stati un medesimo popolo. Quindi Nomento fin dall’anno 417 di Roma fu un municipio, che ebbe i diritti della cittadinanza romana. La vicinanza alla metropoli influì certamente all’insensibile suo spopolamento successivo, ed alla oscurità in che venne, poichè di Nomento non si hanno altre memorie che quella della esistenza durante la republica e sotto gl’imperadori. Veggansi Ovidio Fast. lib. IV. Strabone lib. V. Seneca Ep. CIV. Columella lib. III. c. III. Plinio lib. III. c. XII. e lib. XIV. c. IV. e Marziale Epigram. lib. I. ep. LXXXV. lib. VI. ep. XLIII. lib. X. ep. XLIV. lib. XII. ep. LVII. Ed Ovidio, Seneca, e Marziale ebbero fondi nelle sue vicinanze, che erano celebri particolarmente per la bontà de’ vini. Questa circostanza, come pur quella dell’essere questa città attraversata dalla via nomentana, ed il riflusso continuo del popolo che dalla capitale spandevasi nelle Terre dintorno fece durante l’impero risalire Nomento a segno che sembra che essa crescesse a misura che la metropoli decadeva. Infatti questa città era fin dal finire del secolo III. sede vescovile, essendo negli atti di s. Restituto nominato Stefano come vescovo nomentano: e dopo di lui una serie quasi continuata di vescovi nomentani si ha nell’Ughelli Italia Sacra T. X. dal secolo V. fino al X. cioè Orso nell’anno 415, Servusdei nel 465, Cipriano nel 487, Sereno nel 495, Romano nel 501, Felice nel 551, Redento nel 553, Grazioso nei 593, quando alla sede nomentana il papa s. Gregorio unì quella di s. Antimo di Cures, divenuta per le scorrerie de’Longobardi quasi deserta: veggasi la epistola XX del libro III. del Registro di quel pontefice: Costanzo nel 600, Generoso nel 601, Sapienzio nel 649, Paolo nel 679, Benedetto nel 743, Villario, o come meglio il suo nome leggesi nella Cronaca Cassinense Vulgario nel 753, Cosma nel 826, e Giovanni nel 964. Circa quella epoca sembra che questa sede si estinguesse, siccome vedremo, che verso la fine di quel secolo questa Terra andò rapidamente decadendo.

Poche memorie di Nomento abbiamo ne’ tempi bassi, allorchè al suo nome primitivo insensibilmente si sostituì quello prima di Civitas Nomentana, poscia quello di Castrum Numentanae, donde deriva il nome moderno di Mentana, o Lamentana. Merita però particolare menzione il fatto ricordato dagli Annali Bertiniani presso il Muratori R. I. S. Tomo II. P. I. p. 504, da Anastasio nella vita di Leone III, e da altri scrittori, cioè che Carlo Magno l’anno 800 venendo a prendere la corona imperiale in Roma tenne la via di Sabina, onde il papa Leone III andò ad incontrarlo col senato romano, col clero, e con tutte le corporazioni di Roma fino a Nomento, dove pranzò insieme col futuro imperadore, e col quale entrò in Roma. In Nomento pure nel secolo seguente ebbe i natali il famoso Crescenzio Nomentano, che per qualche tempo regolò i destini di Roma col nome di console e duca, che fortificatosi nella Mole Adriana volle far fronte ad Ottone III. dal quale nel 996 fu fatto morire. Sembra che dopo quella epoca Nomento per la malignità de’tempi andasse talmente cadendo, che si estinse la sede episcopale, ed essa stessa ridotta allo stato di castello, castrum passò in potere de’ monaci di s. Paolo, ai quali fu confermata con bolle da Innocenzo III. nel 1203, da Onorio III. nel 1217, e da Gregorio IX. nel 1236. Veggasi il Bollario Cassinense T. I. Leggesi nel Diario di Gentile Delfini presso il Muratori R. I. S. T. III. P. II. p. 483. che sotto Innocenzo III divenne feudo de’Capoccia: questo dee intendersi però colla clausola di dipendenza dal monastero suddetto, come apparisce dalle bolle sovraindicate. Corto fu il dominio di questa famiglia sopra Lamentana, poichè nel declinare dello stesso secolo Niccolò III. diè Lamentana ad Orso Orsini suo nipote, nè si fa più menzione dopo quella epoca del diritto de’monaci di s. Paolo. Gli Orsini ritennero il dominio di questa Terra durante i tre secoli seguenti. L’anno 1484 per testimonianza del Nantiporto ai 20 di gennaio andò soggetta ad un fortissimo terremoto: veggasi il suo Diario presso Muratori R. I. S. T. III. P. II. p. 1083: e due anni dopo pur nel gennaio venne spianata per ordine di papa Innocenzo VIII. come troppo partigiana degli Orsini: Infessura presso lo stesso p. 1202. L’anno 1594 questa Terra fu venduta per scudi 250000 con tutte le sue dipendenze da Fabio e Virginio Orsini a Michele Peretti principe di Venafro; e non molti anni dopo passò in potere dei Borghese, che ne sono i signori attuali.

La Terra è posta sopra il ripiano di un colle che la domina dal canto di oriente, ma che non vi ha alcuna communicazione diretta, e dove probabilmente era stata edificata la città primitiva. La direzione però della via nomentana, che seguì questo ripiano fece a poco a poco edificare case ed alberghi lungo questa via medesima, e queste fecero insensibilmente abbandonare la situazione più incommoda del colle, portandosi gli abitanti in questa pianura, occupando inoltre la fimbria, che si dilunga verso occidente, dove gli Orsini edificarono il loro castello, fimbria che non presenta se non tre accessi uno dal canto di Roma, o di mezzodì, l’altro dal canto di settentrione, ambedue per la via nomentana, ed il terzo intermedio dal canto di occidente per un diverticolo antico della salaria, che distaccavasi dopo Tor s. Giovanni dal tronco principale. La Terra può distinguersi in Lamentana vecchia, e Lamentana nuova: la prima copre la fimbria sovraindicata, e presenta nelle case generalmente la costruzione del secolo XIII: essa comprende il palazzo baronale, che si riconosce appartenere a tre epoche diverse, cioè l’originale del secolo XIII. opera probabilmente degli Orsini: molte parti del secolo XV. e XVI, ingrandimenti del primitivo. Da tutto ciò apparisce quanto esaggerato sia l’Infessura riferito di sopra dove dice, che La Mentana fu spianata da Innocenzo VIII. nel 1486. Questa parte di Lamentana si riduce al palazzo sovraindicato, e ad una linea di case che lo circonda separate da esso da una strada. Attinente al palazzo è la chiesa, e dinanzi ambedue una piazza. Per tutta la Terra veggonsi sparsi frammenti di marmo, di colonne, di bassorilievi residui dell’antica Nomento e de’ sepolcri che erano lungo la via nomentana. Tali frammenti antichi particolarmente abbondano sulla piazza, dove specialmente attrae l’attenzione un alto rilievo di grandezza naturale, del tempo degli Antonini, al quale danno il nome di s. Giorgio: presso l’arco poi della porta gotica dell’antico castello vicino alla casa Santucci è una statua togata proveniente forse dal Foro dell’antico municipio. Lamentana nuova poi consiste in un’ampia e lunga strada retta che è nell’andamento dell’antica via, fiancheggiata a destra e a sinistra da case edificate per la maggior parte nel secolo passato: lungo questa via sotto il campanile della chiesa sopra cinque massi di marmo lessi le iscrizioni seguenti forse appartenenti a qualche sepolcro: tra appartengono alla gente Erennia, e due alla Bruzia: le prime dicono:

HERENNIVS L. F.  HERENNIA L. F.  HERENNIA L. F.

HOR. GALLVS  MERVLA MAIOR  MERVLA MINOR

le altre due poi:

C. BRVTTIVS L. F.   BRVTTIA C. F.

HOR

Sì gli Erennii, che i Bruzii erano della tribù Orazia, alla quale probabilmente era ascritto il municipio nomentano ed è degno di osservazione vedere che i primi amavano torre i cognomi dai volatili, gallus, merula: i Bruzii poi sembra, che fossero originarii di queste contrade, e della loro villa presso Monte Libretti fu parlato a suo luogo. Dall’altra parte della strada sono in bassorilievo le protome di tre individui della gente Appuleia come apparisce dalla epigrafe seguente a loro sottoposta:

L.APPVLEIVS.L.L.L.APPVLEIVS.L.F.APPVLEIA.L.L.

ASCLEPIADES . TR. MIL. SOPHANVBA

DE SVO FECIT

Ancor questo monumento fu sepolcrale: il cognome di Sophanuba che ebbe quell’Asclepiade tribuno de’ soldati che fece il monumento è affricano, e ricorda quello della celebre Sofonisba; come d’altronde è noto che un ramo degli Appuleii erasi stabilito almeno fin dal secondo secolo della era volgare a Madaura città dell’Affrica, al quale appartenne il celebre scrittore e filosofo platonico che fra le altre opere ci ha lasciato quelle delle Trasformazioni volgarmente nota col nome dell’Asino d’oro.

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