Monticelli, Corniculum

[t.2, pp. 367-374]

Terra situata nella Comarca 16 m. a nord-est di Roma, sopra la punta più orientale delle tre principali de’ monti corniculani, dipendente dal governo di Tivoli, e parte di quella diocesi, pertinente ai Borghese, e che contiene 1353 abitanti. Ad essa si va da Roma per due vie; per la tiburtina, uscendo da porta s. Lorenzo, e divertendo a sinistra al settimo miglio presso la osteria del Forno: e questa strada è una via antica, che i moderni più communemente chiamano via corniculana; e per la via nomentana, divergendo a destra circa al sesto miglio alla tenuta di s. Basilio, e che suol chiamarsi la strada delle Molette. Ambedue queste strade sono mal conservate, incommode, e non presentano oggetto degno di particolare rimarco. Più amena è quella che vi conduce da Tivoli, lunga circa 6 miglia, la quale per la porta del Colle e pel ponte sovraindicato dell’Acquoria segue la direzione della Valeria primitiva, ed a mano destra 1. m. dopo il ponte sovraindicato a non molta distanza presenta le rovine di Vitriano, ed altre pel tratto di circa 2 m. quindi valicati due ponticelli comincia a salir le pendici del monte, sul quale è la Terra, e che in gran parte è piantato di olivi.

La chiesa principale è dedicata a s. Giovanni Evangelista e fu riedificata l’anno 1710: dinanzi a questa è la piazza. Le case generalmente presentano la costruzione saracinesca del secolo XIII e XIV. Nella strada per la quale si sale alla rocca incontransi pochi frammenti antichi, cioè una colonnetta ed un capitello, una testa di marmo incastrata sopra una porta ec., indizii di fabbriche ed ornamenti de’ tempi imperiali. Nella rocca stessa, che è di costruzione del secolo XIII. rimane ancora sulla sommità un tempietto laterizio ornato di pilastri corintj, analogo per lo stile e per la costruzione ad altre edicole del primo secolo dell’impero esistenti presso Roma, come quelle, che si veggono sulla via latina, ed il tempio preteso del Dio Redicolo nella valle della Caffarella, tempio eretto forse da qualche ricco romano che occupò questo colle. Altri avanzi non esistono nè nella Terra, nè nel suo circondario, almeno alla distanza di un miglio. Presso Monticelli è un convento di frati minori con chiesa consacrata a s. Michele Arcangelo, anche esso sopra una punta, della quale parla il Casimiro nelle Memorie de’Conventi della Provincia Romana, ricordando, che nel fondare una parte del convento si rinvennero molti ossami, che io credo appartenere ad individui de’ tempi di mezzo, e forse stranieri, per le armi ed altri attributi, che li accompagnavano.

Or venendo alla storia di questa Terra, è noto, che più generalmente ivi suol collocarsi Corniculum, ricordato da Dionisio, Livio, Plinio, Floro, e Stefano. E quanto alla posizione di quella città de’ Prischi Latini, come li appella Livio, debbo fare osservare che Dionisio lib. I. c. XVI. pone i monti Corniculi fra Ficulea e Tibur, e perciò non cade questione, che con tal nome gli antichi riconobbero le tre punte acuminate del gruppo de’ monti calcarii a nord-nord-est di Roma, sulle quali sorgono le Terre di s. Angelo in Capoccia, e Monticelli, ed un dì quella di Poggio Cesi intermedia delle due testè ricordate. Corniculum pertanto, che dava, o traeva nome da questi monti, di necessità dee  cercarsi sopra una di queste punte. Ora Dionisio lib. III. c. XLIX e seg. narrando la spedizione famosa intrapresa da Tarquinio Prisco, contra i Latini mostra, come quel re primieramente si mosse contra gli Apiolani, e dopo aver presa, incendiata, e smantellata la loro città, si rivolse contra i Crustumerini ed i Nomentani, che si arresero a discrezione, e furono con umanità trattati; poscia andò contra Collazia, la cui situazione è nota, siccome fu mostrato a suo luogo, v. COLLATIA, posta cioè sulla riva destra dell’Osa, fra questo fiume e l’Aniene, 10 m. circa lungi da Roma al Castellaccio dell’Osa; prese ancor questa e la diè in ispecie di feudo ad Arunte Tarquinio suo nipote, che divenne così lo stipite della famiglia de’ Collatini; e quindi marciò immediatamente contro di Corniculum, e dopo aver dato il guasto alle terre appressò l’esercito alla città, che presentò per la sua fortezza una valida difesa. Ma dopo molti assalti, il re di Roma la espugnò colla forza, ed in tale espugnazione perì il fiore de’ cittadini: il resto colle donne e co’ fanciulli fu venduto, e la città dopo essere stata saccheggiata venne data alle fiamme. Stando pertanto a questa narrazione, e conoscendo la situazione di Collazia, d’uopo è riconoscere Corniculum sulla punta di Monticelli; imperciocchè il re di Roma, passato l’Aniene presso Lunghezzina trovossi immediatamente nelle terre de’ Corniculani. D’altronde la forma della punta di Monticelli è quella, che presenta la etimologia più diretta del nome Corniculum, dividendosi appunto come in due corna, quella cioè, su cui è posta la Terra, e quella, sulla quale è il convento de’ frati minori. La storia di Corniculum è scarsissima, poichè oltre questo fatale avvenimento testè ricordato, cioè della presa e distruzione di essa fatta da Tarquinio Prisco, altro non se ne legge; imperciocchè Livio lib. I. c. XXXVIII. solo la ricorda fralle città prese da Tarquinio, e la nomina per la prima: ed egli e Dionisio poscia riportano la tradizione, che in quella presa, fatta prigione la moglie del principe di Corniculum morto nella pugna, fu portata in Roma incinta e venuta nella reggia di Tarquinio ivi partorì Servio Tullio, poscia sesto re di Roma. Plinio poi Hist. Nat. lib. III. c. V. nomina Corniculum fra quelle città primitive del Lazio, che erano perite senza lasciar vestigia.

E’ naturale credere, che una posizione così elevata, amena, e salubre non venisse trascurata dai Romani nel tempo del loro lusso, e dalla loro magnificenza, e che circa i tempi augustani sul sito della distrutta Corniculum fosse edificata una villa, come Strabone afferma essere ordinariamente accaduto di altre città antiche ne’ dintorni di Roma, distrutte, e come se ne hanno moltiplici esempi di fatto; e a questa villa appartengono i frammenti, che ancor si veggono nella Terra, notati di sopra, ed il tempietto che è sulla rocca. E perito poscia il gran colosso del romano potere, come pure in altri luoghi avvenne, di villa privata tornò ad essere una Terra abitata, metamorfosi, che tanto più di buon ora si fece, che il sito offriva una non commune fortezza; ed il suo nome che attualmente porta si trova fin dal secolo XI. allorchè la Terra si era di già formata ed apparteneva al monastero di s. Paolo fuori delle mura, al quale fu sul principio di quel secolo medesimo usurpata da alcuni potenti abitatori del luogo, che circa l’anno 1001 vi racchiusero nella rocca Pietro abbate di Subiaco, e ve lo fecero morire, siccome si ha dalla cronaca sublacense presso il Muratori R. I. S. Tom. XXIV. p. 931. Nel secolo seguente, narra il card. di Aragona nella vita di Eugenio III presso lo scrittore sovrallodato T. III. P. I.  p. 439, che quel papa uscì di Roma, nel silenzio della notte e ricoverossi ad arcem Montis Cellii per sottrarsi dal senato romano, e non vedersi costretto a confermarlo: dove è da notarsi il modo con che viene enunciato il nome di questa Terra, quasi derivasse da un Celio che vi avea avuta la villa ne’ tempi antichi. Non molto dopo, cioè l’anno 1159, da un atto riportato dal Muratori R. I. S. T. II. p. 678, apparisce, che questa Terra, come Tusculo, Palombara, e Tivoli avea il suo conte, che Comes Monticellensis dicevasi. Nel 1241. fu occupata contra il papa ed i Romani dal cardinale Giovanni Colonna, insieme con Preneste e Ponte Lucano, per testimonianza di Riccardo da s. Germano, Chron. presso il Muratori R. I. S. T. VII. p. 1047. Ritornò però ben presto in potere de’ Romani, poichè, secondo Niccolò di Iamsilla nella storia riportata dal citato Muratori R. I. S. T. VIII. p. 612. Enrico senatore di Roma ivi fece chiudere Napoleone e Matteo Orsini, ed in quello storico si dice di questa Terra: quod est castrum fortissimum prope Tibur: anzi sembra, che circa quel tempo la rocca fosse ridotta nello stato attuale. Circa l’anno 1307 sembra che ne fosse conte un Gottifredo, la cui moglie Aldruda si ricorda nel necrologio di s. Ciriaco in Via Lata, stampato al Martinelli nel Primo Trofeo della Croce, p. 148.

Ho notato di sopra, che questa Terra era in origine del monastero di s. Paolo fuori delle mura; ma il fatto è che essi per circa tre secoli non ne ebbero che il solo titolo. Ricuperata però con altre terre sotto Eugenio IV dal card. Vitelleschi venne restituita ai monaci che con beneplacito di quel papa la vendettero nel 1436 insieme con monte Albano, terra contigua, oggi deserta, per 10,000 fiorini a Gio. Antonio Orsini, conte di Tagliacozzo. Alla sua morte avvenuta l’anno 1455 insorse guerra fra Everso dell’Anguillara, e Napoleone, ambedue Orsini, per la successione di questo castello, guerra funestissima per la campagna di Roma, che si sedò alcun poco per le premure di Pio II, ma che per la malafede di Everso si riaccese di nuovo nel 1458, quando questi si rese padrone della Terra e la ritenne fino alla sua morte avvenuta l’anno 1464. I suoi figliuoli usando ogni sorta di violenze contra i pacifici abitanti delle campagne, e contra i viandanti attiraronsi lo sdegno di Paolo II, che colla forza delle armi nel 1465 tolse loro in pochi giorni tredici castella, fralle quali fuvvi ancora Monticelli che si arrese ai 22 di giugno. Veggasi il Casimiro p. 172 e seg. Così tornò Monticelli sotto il dominio diretto della Sede Apostolica, ed in tale occasione il dì primo di settembre di quell’anno il papa emanò un breve, che si riporta dallo scrittore sovrallodato, nel quale non solo confermò agli abitanti tutti i privilegi, che aveano fino a quel giorno goduto, ma per qualche tempo diminuì ancora le gabelle. Sisto IV. nel 1472 impegnò Monticelli per 6000 fiorini al celebre cardinal Guglielmo d’Estoutville, e dopo la morte di questo a Pietro di Vicenza per 3000 ducati. Il suo successore Innocenzo VIII. nel 1484 lo donò insieme con Frascatello, e s. Angelo a Giovanni Balva cardinale, la cui arma si vede scolpita sopra una porta della rocca. Morto il Balva, Alessandro VI. diè Monticelli al card. Giovanni Battista Orsini: allora fu rinnovata la chiesa, che è dentro la rocca, dove si veggono ancora pitture di quel tempo, e fra queste il ritratto di Jacopo Alzina Barcellonese, castellano e governatore di Monticelli, rappresentato ginocchione, di cui ricordasi il nome in un epitaffio esistente nella chiesa di s. Giovanni, che ha la data de’16 aprile 1497. Al card. Orsino dopo la morte, successe nel dominio di questa Terra Niccolò della Rovere nipote di Giulio II. a cui dal zio fu confermata in perpetuo tale infeudazione. La famiglia della Rovere lo ritenne fino all’anno 1550, allorchè Giulio figlio di Niccolò sovrammenzionato lo vendette a Federico Cesi cardinale per 5000 scudi pagabili una volta sola, e 400 scudi annui durante la vita di Giulio. I Cesi hanno ritenuto il dominio di questa Terra fino ai 3 di marzo 1678 in che la vendettero ai Borghese che ne sono i signori odierni.

Queste ultime notizie furono raccolte dall’erudito p. Casimiro menzionato più volte, il quale illustrando il convento del suo ordine edificato presso questa terra nota, che la punta sulla quale questo convento è collocato è quella che ne’ tempi bassi appellavasi Mons Albanus, del quale si ha la prima memoria nel 1124 in una bolla di Callisto II: allora vi era un castello del quale era signore un tal Gregorio, che insieme con Giovanni di Oddone signore probabilmente di Monticelli infestava le terre del monastero di s. Ciriaco, e singolarmente la villa di Pilo Rupto. Verso la metà dello stesso secolo dice, che n’era signore un tal Giovanni, presso il quale ritirossi Giovanni de Struma antipapa; ma ivi il Casimiro mi sembra avere preso un equivoco confondendo questo castello con Albano. Egli è certo però che come Monticelli anche Monte Albano era de’monaci di s. Paolo, ai quali lo confermarono con bolle Innocenzo III nel 1203, Onorio III. nel 1218 e Gregorio IX nel 1236 Ma nel 1241 per testimonianza di Riccardo da s. Germano nella cronaca riportata dal Muratori R. I. S. Tomo VII. col. 1047 fu preso ed incendiato da Federico II imperadore, e quindi rimase per sempre deserto. La compagnia del Gonfalone edificò in questo luogo nel secolo XVI. una chiesa di s. Maria, nella quale pose i pp. conventuali per officiarla: questi l’abbandonarono nel 1636. A questa communità religiosa succedette sul finire del secolo XVII. medesimo quella de’pp. minori che sul principio del secolo passato edificarono il convento e la chiesa di s. Michele come oggi si vede.

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