Monte Rotondo

[t.2, pp. 360-364]

Terra sopra una collina amenissima, posta a destra della strada di Rieti, communemente detta via salaria, ma che ivi non è la stessa, poichè quella via antica diverge dalla moderna prima del casale di Marciliana. Essa contiene 1853 abitanti, appartiene al principe di Piombino, ed è circa 15 m. distante da Roma, e così prossima all’antico Nomentum oggi Mentana, che ne dista appena un miglio e mezzo.

Molte volte ho visitato questa Terra, come quella, che per la sua situazione poteva occupare il luogo di qualche città antica, e soprattutto perchè la volgare opinione, anche in questi ultimi tempi riprodotta, vi colloca Eretum; ma altrove ho mostrato le difficoltà insormontabili, che si oppongono a questa congettura, la quale d’altronde non ha neppure una tradizione, che l’appoggi: veggasi l’art. GROTTA MAROZZA. Io stesso sarei stato inclinato a riconoscervi Crustumerii; ma poscia ho dovuto convincermi, che è troppo lontana, e che per altre ragioni quell’antica città de’Prischi Latini non potè essere ivi situata: veggasi l’art. CRVSTVMERII. Inoltre è un fatto positivo, che in Monte Rotondo non rimane vestigio di fabbriche anteriore al secolo XIII; ma solo qualche frantume di marmo, e qualche iscrizione sepolcrale fuor di luogo, trasportata dalle vicinanze. Quindi d’uopo è riconoscere questa Terra, come sorta ne’tempi bassi, forse dalle rovine di qualche villa romana, alla quale appartennero i frantumi e le iscrizioni sovraindicate.

Siede questa terra sopra un colle di mediocre altezza, ma non come afferma l’autore della opera intitolata Monumenti Sabini a livello del Quirinale, essendo molto più alto. La memoria più antica, che ne ho trovato appartiene all’anno 1074, quando Gregorio VII. nella bolla a favore del monastero di s. Paolo fuori delle mura, la nomina fralle possessioni di quel luogo pio insieme con Lamentana, chiamandola Castrum Rotundum e vi unisce una chiesa di s. Reparata ed una selva dello stesso nome. Una iscrizione che si conserva nella sagrestia della collegiata, che enumera le reliquie ivi collocate appartiene all’anno 1152. Nel secolo seguente venne in potere degli Orsini, ed una Carta riportata dal Galletti nella opera del Primicero p. 350, esistente nell’archivio di s. Paolo ne fa menzione col nome, che oggi conserva di Mons Rotundus. Gli Orsini la ritennero fino al pontificato di Urbano VIII. nel secolo XVII. Durante il loro dominio questa Terra ebbe molte peripezie nel secolo XV; imperciocchè l’anno 1432 fu presa da Niccolò Fortebracci coll’ajuto de’Colonnesi, secondo che narra Nero di Gino Capponi presso i Rerum Italic. Script. T. XVIII. p. 1179: nel 1485 fu dagli Orsini stessi incendiata il dì 6 di dicembre, come narra il Nantiporto: ivi Tom. III. P. II. pag. 1097: e poco dopo occupata dai soldati del papa, secondo l’Anonimo, che descrisse quella guerra, e che si legge nella stessa raccolta p. 1201, dal quale pure apprendiamo, che l’anno seguente 1486 ai 2 di luglio fu presa dal duca di Calabria. Dagli Orsini circa l’anno 1640 passò per vendita ai Barberini, e da questi nel secolo passato alla famiglia del Grillo, la quale nel 1825 la vendette al principe di Piombino.

Allorchè venne in potere de’Barberini furono edificate le mura attuali e le porte, che attualmente vi danno accesso, cioè la Romana, detta pur di s. Rocco, la Canonica, e quella di Palazzo. Fuori della porta Romana fu edificato il borgo, le cui case distinguonsi per la costruzione recente da quelle della Terra, le quali generalmente sono di opera saracinesca del secolo XIII. Quattro sono le chiese: la collegiata dedicata a s. Maria Maddalena contiene un quadro di Carlo Maratta rappresentante i ss. Filippo e Giacomo protettori della Terra: un Salvatore di Ciro Ferri: ed un Purgatorio di scuola del Zampieri; la chiesa parrocchiale di s. Ilario dove il martirio di s. Stefano si reputa opera del Mantegna. Presso questa chiesa è un’ara sepolcrale con loculo sopra per contenere le ceneri della estinta Cocceia Giusta, alla quale questo monumento fu eretto dai genitori Nicolao e Pannichide: sembra che questa ara fosse collocata in mezzo ad un bivio, poichè ha la medesima iscrizione da tre lati, e disposta nello stesso modo, con caratteri di bella forma: e vi si osserva la particolarità di un punto nella ultima parola PI.ISSIMAE, il quale è tutte e tre le volte ripetuto. Questa iscrizione mal riportata dallo Sperandio nella sua Sabina Sacra e Profana p. 421. si riporta pure scorretta dall’autore dei Monumenti Sabini: essa dice così:

DIS MANIB

COCCEIAE

IVSTAE

NICOLAVS ET

PANNYCHIS

PARENTES FILIAE

PI . ISSIMAE

Il palazzo baronale è magnifico: esso fu edificato dagli Orsini, ed il loro stemma si vede in più parti, come pure quello de’ Barberini loro successori, i quali viemmaggiormente lo abbellirono: in esso sono pitture non ispregevoli, ed una torre altissima che scopre un immenso orizzonte, e servì per la triangolazione della mappa.

Uscendo dalla Terra nella vigna Cristaldi si legge la lapide seguente:

D . M

IVLIAE FORTVNATAE M. IVLIVS

MARTIALIS FILIAE DVLCISSIMAE

QVAE VIX. ANN. VII. MENS. III.

FECIT

Questa iscrizione si riporta anche essa dallo Sperandio, e male: egli dice, che stava allora avanti la osteria Mei sulla strada consolare, donde poi fu trasportata recentemente, dove oggi si vede, quindi ha torto l’autore de’ Monumenti Sabini di trarne argomento  per dichiarare essere stato il terreno Cristaldi la villa del poeta Marziale. Imperciocchè è certo, che quel poeta aveva un predio nel territorio nomentano, che sovente ricorda ne’ suoi epigrammi, è possibile, che egli sia il Marco Giulio Marziale di questa iscrizione; ma è vero altresì che la iscrizione non si sa, dove originalmente fosse: che se realmente fosse stata rinvenuta ne’ dintorni del luogo ove si trova, sarebbe una induzione di più per credere che il sito di Monte Rotondo era parte del territorio nomentano, come io credo, e perciò non era compreso nè in quello di Ereto, nè in quello di Crustumerii. L’autore de’ Monumenti Sabini narra, che nel luogo detto il Casal di s. Matteo vennero disotterrati busti e statue frammentate, minori del vero; egli riporta inoltre la iscrizione seguente, che si legge sopra un cinerario, la quale dice così:

D.  M.

POMPONIAE APHRODISIAE

TI. CLAVDIVS ATIMETVS CONIVGI

BENEMERENTI

Sopra questa iscrizione merita osservazione il nome di Pomponia, discendente di un qualche liberto del celebre Tito Pomponio Attico, imperciocchè è un nuovo indizio, che il sito di Monte Rotondo fosse parte del territorio nomentano, sapendosi da Cornelio Nipote nella vita di quell’illustre romano, che Pomponio non ebbe in Italia altri fondi praeter ardeatinum et nomentanum, rusticum praedium.

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