Magliana

[t. 2, pp.285-287]

Maliana

Cinque miglia fuori di porta Portese, sull’andamento dell’antica via portuense, presso il Tevere è un tenimento, che spetta al monastero di s. Cecilia, il quale ha circa 190 rubbia di estensione divise in due quarti detti delle Quaranta rubbia ed il Quartaccio, ed in parecchie altre frazioni, e confinante colle tenute di Monte delle Piche, Casette, Muratella, Prati di Tor Carbone, e Tor Carbone. Esso dicesi la Magliana, nome che ricorda l’antica gente Manlia, che ivi ebbe un fondo, detto Fundus Manlianus, Praedium Manlianum, e semplicemente Manlianum. La prima volta, che io ne abbia incontrato il nome è nella bolla di Benedetto VIII. data a favore del vescovo portuense l’anno 1019, nella quale quel papa conferma fra gli altri beni a quella sede vescovile un Malianum presso un altro fondo dello stesso nome del monastero di s. Pancrazio: e questo medesimo si ripete nella bolla del 1049 data da Leone IX, ed ambedue riportate dall’Ughelli nella Italia Sacra Tomo I. Si ricorda di nuovo, ma col nome di Maliana, come quello della contrada, nella quale era una chiesa di s. Giovanni detta perciò de Maliana in una carta dell’archivio di s. Cecilia dell’anno 1184, che si legge trascritta nel codice vaticano 8025. Quella chiesa allora cominciò ad aver possidenze in que’ dintorni, e successivamente ottenne tanto la parte spettante a s. Pancrazio, quanto quella del vescovo di Porto.

Il sito sul Tevere è ameno e gode di una veduta molto vasta: ed essendo attorniato da colline in parte imboschite, perciò è molto atto alla caccia. Quindi sul declinare del secolo XIV. papa Sisto IV. vi fondò un palagio magnifico, presso il quale, narra il Volaterrano nel Diario edito dal Muratori Rer. Ital. Scr. T. XXXIII. p.103 che il card. Girolamo Riario diede l’anno 1480 una caccia sontuosa ad Ernesto duca di Sassonia, cioè quegli che fu soprannominato il Religioso, e che morì l’anno 1486. Questo palazzo fu poscia accresciuto ed ornato da Innocenzo VIII. il quale secondo l’Anonimo del Muratori Rer. Ital. Script. T. III. p. II pag. 1190 le diede al card. Parmense; e da Giulio II, servendo loro di villeggiatura nella primavera. Ma sopra ogni altro ne amò il soggiorno Leone X. che vi tenne concistoro e vi contrasse la malattia, che in poco tempo portollo al sepolcro con danno gravissimo delle lettere e delle arti.Nè dopo la sua morte fu abbandonato affatto, poichè il nome e le armi di Pio IV. che si veggono in varie parti, e soprattutto sulla fontana magnifica da lui ristaurata sono prova delle villeggiature che quel papa vi fece durante l’inverno. Anche Sisto V. frequentò questo palazzo, ed è questo l’ultimo frai papi, che vi abbia dimorato.

Ma dopo il secolo XVI. fu abbandonato ai bifolchi, i quali in due secoli lo hanno talmente rovinato, che può fornire una idea, come in pochi secoli, tante antiche fabbriche cadessero in rovina; imperciocchè, se questo palazzo non è ancora caduto si debbe all’uso, che se ne fa di granaio, e di dormitorio. Rimangono traccie delle pitture, che lo adornavano, e la cappella, o chiesa di s. Giovanni ne conserva qualcuna, sebbene mutilata, che dimostra essere stata dipinta dalla scuola di Perugino. Queste circostanze, e le memorie storiche indicate di sopra debbono incitare a visitarlo, e la strada non è nè lunga, nè incommoda, nè fastidiosa, avendo sempre una bella veduta a sinistra e traversando terre coltivate. Un miglio e mezzo circa dopo la porta Portese nel luogo denominato Pozzo Pantaleo è un bivio: la strada a destra è quella di Fiumicino, quella a sinistra conduce alla Magliana, passando per s. Passera, Pian due Torri, e Monte della Pica: questa strada che è nell’andamento, come notossi, della via portuense, a Pian due Torri conserva ancora i massi degli antichi sepolcri che la fiancheggiavano, ed a s. Passera le sostruzioni che la reggevano verso il fiume, e che la difendevano verso i colli dalla caduta delle terre. Esse sono di opera reticolata, e furono probabilmente costrutte dall’imperador Claudio, autore della via.

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