CASTRVM INVI

[t. 1, pp. 447-451]

Nell’andare ad Ardea verso la tenuta di s. Lorenzo, e l’antica Anzio, dopo circa tre miglia, la ultima frastagliatura de’ colli che dominano sulla riva sinistra dell’Incastro si distingue particolarmente per l’altezza e per le molteplici lacinie, in che si dirama: in certi tagli si ravvisa la mano dell’uomo, ed il suolo rigurgita di frantumi di materiali di fabbriche, indizii sicuri di una popolazione. Questi fatti, e la importanza del luogo mi portano a credere sulla spianata superiore del colle il siro del Castum Invi, particolarmente ricordato da Virgilio, Ovidio, Silio, e Marziale, e che Rutilio, e Servio confusero col Castrum Novum della via aurelia posto ne’ dintorni di Tor Chiaruccia. I grammatici deducono Invus ad ineundo, prova che questo nume del Lazio primitivo corrisponde al pan, e Priapo de’ Greci. E probabilmente su questo colle dapprincipio fu eretta soltanto un’ara, alla quale sarà stato aggiunto successivamente un tempio, ed intorno ad esso un collegio di sacerdoti: questo nucleo di popolazione diè origine al borgo, che ebbe nome dal nume, ivi specialmente venerato, fatto che ne’ tempi antichi, come ne’ più recenti potrebbe avere molti confronti. Havvi chi crede che a questo luogo alludano i versi di Virgilio del XII. della Eneide, dove descrive un oleastro sacro a Fauno sulla spiaggia laurente, al quale i naviganti salvati dal naufragio rendevano un culto, affiggendovi doni ed appendendo in voto le vesti. Ma in quel passo trattasi de’ dintorni di Laurento, siccome può riconoscersi facilmente dal contesto, quindi in luogo di applicarli alla spiaggia ardeate d’uopo e riguardarli come allusivi al tratto fra Lavinio (Pratica) e Laurento.

Castrum Invi fu fondato da Latino Silvio, successore immediato di Ascanio, siccome apprendiamo dal poeta in que’ versi, Aeneid. Lib. VI v. 768 e geg. Ne’ quali fa predire da Anchise ad Enea i fasti de’ suoi successori:

Hi tibi Nomentum, Gabios, urbemque Fidenam,

Hi Collatinas imponent montibus arces,

Pometias, Castrumve Invi, Bolamque, Coramque.

Hacc tunc nomina erunt, nunc sunt sine nomine terrae. (pag. 448)

E da questo passo ricavasi che la fondazione di Castrum Invi assegnavasi all’anno 1130 avanti la era volgare, e che ai re di Alba se ne dava la gloria; come pure che verso il principio della era volgare era questo borgo quasi sparito:

nunc sunt sine nominae terrae.

La vicinanza di questo borgo al mare, si dimostra da Ovidio Metamor. Lib. XV v. 727, allorché descrive il viaggio della nave che trasportò il serpente di Esculapio dalla Epidauria in Roma; imperciocchè dopo aver detto che quel rettile sacro andò a stanziare nel tempio di Apollo ad Anzio e risalì spontaneamente sulla nave, onde continuare il cammino soggiunge:

donec Castrumque, sacrasque

Lavini sedes, tiberinaque ad ostia venit.

Che poi fosse entro il territorio de’ Rutuli Silio lib. VIII v. 316 e seg. lo mostra in quel verso:

Quos Castrum, phrygibusque gravis quondam Ardea misit.

Quindi Marziale ricorda I Castrana rura insieme con Ardea, come luoghi di aria calda e insalubre nella state:

Ardea solstitio, castranaque rura petantur

Quique cleonaeo sidere fervet ager.

distico che mentre dimostra la insalubrità de’ luoghi, insinua, come il castrum era scomparso,e che soltanto i campi ne ritenevano il nome: castra rura. Or mi sembra probabile che il popolo di questo borgo trasmigrando per la malignità dell’aria verso occidente sopra una spiaggia, allora meno insalubre, fra Pyrgi (s. Severa) e Centumcellae (Civitavecchia) fondasse una nuova colonia, che perciò venne denominata Castrum novum: la qual circostanza, non bene avvertita, trasse in abbaglio Servio e Rutilio. Imperciocchè il primo di questi scrittori commentando il passo di Virgilio ricordato di sopra, dice che: Invum est in Italia civitas, Castrum novum dicitur: Rutilio poi va più oltre descrivendo il tal guisa il suo viaggio lungo il litorale dopo Alsium e Pyrgi:

Stringimus hic exemus et fluctu et tempora castrum:

Index semiruti porta vetusta loci.

Praesidet exigui formatus imagine saxi

Qui pastorali nomina fronte gerit.

Multa licet priscum nomen deleverit aetas

Hoc INVI CASTRVM fama fuisse putat.

Seu Pan tyrrhenis mutavit Maenala sylvis

Sive sinus patrios incola Faunus init.

Dum renovat largo mortalia semina foelu, (pag 450)

Fingitur in Venerem pronior esse Deus.

La situazione del Castrum Novum Invi per la testimonianza de’ due scrittori sovrallegati viene determinata sufficientemente; e sul finire del secolo passato fu definitivamente stabilita ne’ dintorni di Torre Chiaruccia dalle molteplici scoperte, d’iscrizioni, medaglie, marmi, sculture, ec. Spiegato in questo modo il passo di Rutilio per se stesso assai chiaro, mi sembra, che venuto quasi meno il popolo di Castrum Invi, quel poco di gente che rimaneva coll’aggiunta di nuovi coloni si portasse ad abitare fra Punicum e Cuntumcellae, cioè fra s. Marinella e Civitavecchia, e precisamente dove oggi è Tor Chiaruccia. Ivi fondato il nuovo Castrum, che ritenne il culto del nume, questa colonia poco prosperò, poiché tre secoli dopo vien descritta da Rutilio: exesum et fluctu et tempore castrum. Malgrado questa trasmigrazione non era ancora dimenticata nel secolo X della era volgare la tradizione del primitivo Castrum, poiché questo avea allora il nome di Villa Priapi, siccome ne attestano i biografi pontificii, i quali asseriscono concordemente, che Leone V assunto al pontificato l’anno 903 nacque e Villa Priapi agri ardeatini.

Da Castrum Invi ad Anzio, entrando nella via littorale severiana, si hanno circa 12 miglia di cammino, e quantumque l’antico lastricato sia presso che intieramente scomparso, pure di tratto in tratto se ne incontrano vestigia, che non lasciano dubbio veruno della sua direzione. Per tre miglia si gode sempre a destra, sebbene in distanza, la vista grata del mare, e la via traversa campi ubertosi non così dopo essere entrati nella macchia, che sebbene il mare sia più davvicino, la foltezza degli alberi ne toglie la vista. Un miglio circa dopo il Castrum Invi si traghetta un fosso che dicesi della Moletta per una mola, oggi distrutta, ivi dappresso esistente, ed appoggiata ad una torretta, che per la sua forma e costruzione richiama a memoria la Torre Bovacciana di Ostia, cioè il secolo XV. questo rivo porta superiormente il nome di Carrocceto poiché le sue scaturigini più lontane sono in quel tenimento. Questo si traversa a guazzo, ed è piuttosto considerabile in questo punto, dove serve di limite frai tenimenti di Salzana e s. Lorenzo, che è l’ultimo dell’agro romano da questa parte.

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