Artena

[t. 1, pp. 270-274]

Livio lib. VI. c. LXI. dice che l’anno di Roma 353 si combatté co’ Volsci fra Ferentino ed Ecetra, e che quindi i tribuni cominciarono ad assediare Artena città de’ Volsci. Gli assediati fecero una sortita; ma i Romani li respinsero e gl’incalzarono in modo che si impadronirono della Terra. I Volsci si ritirarono nella fortezza, o arce, la quale oltre all’essere forte era ri­stretta, onde poteva difendersi con poca gente, e ben provvista di vettovaglie. Disperando perciò i Romani di prenderla, un servo a tradimento li condusse sopra per un sentiero molto scosceso; onde uccise le guardie si trovarono dentro la rocca, e gli assediati furono forza­ti di rendersi a discrezione. Sì la città, come la fortez­za vennero demolite: l’esercito fu ricondotto in Ro­ma e diretto contro Veii: al servo traditore fu data per premio la libertà, furono donati i beni di due fa­miglie, ed imposto il nome di Servio Romano. Finqui’ Livio. Soggiunge poi, che secondo altri Artena era cit­tà de’ Veienti e non de’ Volsci; tale equivoco nacque dall’esservi stata una città dello stesso nome fra Cere e Veii; ma quella fu distrutta dai re di Roma, ed era Terra de’ Ceriti, e non de’Veienti, mentre questa del­la quale ivi tratta fu nell’agro volsco.
Cominciando dall’Artena de’Volsci, ognun vede, che la narrazione di Livio, ed è egli il solo scrittore che pe parli, pochi lumi per se stessa fornisce, onde determinarne la posizione, a segno che Cellario Geogr. Antiquae lib. II. c. IX. sect. III. p. 656, dopo aver riferito il passo di Livio, dice: sed posino incertissima immo ignota huius oppidi est. Solo ricavasi, che non era molto lungi da Ecetra e Ferentino, e che a­vea una rocca molto forte, e non molto grande. Nel fare le mie indagini per la Carta, io inclinai a crederla ne’dintorni di Monte Fortino, perché una delle cime più alte delle sue vicinanze ha il nome di Monte Larteria, perché sopra Monte Fortino stesso la contrada ha il nome di Civita, indizio certo della posizione di un’an­tica città, e perché la distanza da Ferentino non giunge a 20 m. mentre d’altronde la battaglia fu data di quà da Ferentino fra Ferentino ed Ecetra, in guisa che i Romani poterono tagliare ai Volsci la ritirata di Ece­tra e forzarli a rinchiudersi in Artena. Inoltre era una circostanza positiva quella che Artena distinguevasi in città propriamente detta ed in rocca. Questa mia con­gettura è divenuta un fatto per le scoperte che lord Beverley fece l’anno 1830 circa un miglio distante da Monte Fortino verso sud-ovest, nella contrada appunto della Civita e dei Piano della Nebbia. Il luogo si distingue per l’aspetto dirupato del monte, e per la dif­ficoltà dell’accesso, ed è coperto di arbusti: verso set­tentrione è un bosco: verso occidente sono precipizii spaventevoli: a mezzodì è una grotta: ed a levante la strada di Monte Fortino entra in questo recinto. La Terra non era grande, ma le mura sono costrette di massi enormi irregolari di calcaria, spiccati dal monte, ed ammonticchiati l’uno sopra l’altro senza alcun ordine, ed hanno 5 piedi di lunghezza e tre di altez­za: in generale la costruzione offre tutti i caratteri delle età più remote. La rocca era separata dalla città pro­priamente detta da una fortificazione solida costrutti nello stesso modo, ma di massi tanto più grandi che hanno 7 piedi di larghezza: essa presenta il vero ca­rattere della costruzione ciclopéa descritta da Pausania; cioè che i massi grandi per la loro irregolarità lascia­no intervalli che sono chiusi da pietre, o ciottoli, an­che essi irregolari. Gell nella opera della Topografia di Roma e de’ contorni T. I. p. 205, osserva giusta­mente potersi sospettare, che la Ortona, di che parla Livio lib. III. cap. XXX. occupata dagli Equi l’an­no di Roma 299 e ripresa poco dopo dai Romani, sia la stessa che Artena. Per la posizione, non lungi dall’Algido, potrebbe certamente ammettersi questa conget­tura, poiché Livio così si esprime: Horatius, cioè il console C. Orazio Pulvillo, quum iam Aequi Cor­bione interfecto praesidio, Ortonam etiam cepissent, in Algido pugnat: multos mortales occidit: fugat hostem non ex Algido modo sed a Corbione, Ortona­que: Corbionem etiam diruit propter proditum prae­sidium.
Della Terra di Monte Fortino, che è succeduta ad Artena, e che contiene 2795 abitanti nella legazione di Velletri è certo che con questo nome esisteva fin dall’anno 1226 come ricavasi da carte publicate dal Con­telori nella storia della famiglia Conti, che la possedette con titolo di signorìa, del quale era investito uno de’ rami cadetti della linea de’ Conti di Segni. Nel 1232 fu occupata dai Romani, che si erano rivoltati contro Gregorio IX. siccome si legge in Riccardo da s. Ger­mano inserito ne’ Rerum Ital. Script. T. VII. p. 1029. Nel 1495 fu presa d’assalto dalle genti di Carlo VIII. allorché quel re andava alla conquista di Napoli, aven­do Jacopo Conti, che era allora signore della Terra se­guito il partito di Alfonso. Allora il re Carlo investì di questa signoria Prospero Colonna, e malgrado i tenta­tivi fatti dai Conti per ricuperarla, essa rimase ai Co­lonnesi. L’anno 1557 nella guerra detta de’Caraffe­schi, Monte Fortino dichiarossi per Marcantonio Co­lonna; fu assalita pertanto dalle genti di papa Paolo IV. guidate da Giulio Orsini, presa, saccheggiata, ed insieme colla rocca, arsa e spianata: gli abitanti furono mes­si fuor della legge come ribelli, ed i loro beni venne­ro confiscati. Cessata quella guerra Monte Fortino si andò ripopolando di nuovo, e la sua signorìa nel se­colo XVII passò ai Borghese.
Artena poi de’Ceriti, distrutta fino dal tempo de’ re e situata sul confine frai Veienti e i Ceriti, credo escare stata da me scoperta l’anno 1832 in occasione che si facevano alcani scavi nella tenuta di Castel Cam­panile circa 22. m. distante da Roma a destra della via aurelia. Molti ruderi e frantumi di vasi dipinti, e mar­mi si rinvennero nel quarto denominato il Castellac­cio, dove può tracciarsi ancora bene il sito della Ter­ra antica sovraindicata, la quale avea un mezzo miglio di circuito. Dagli oggetti scoperti deducesi, che il re­cinto era di massi parallelepipedi irregolari di tufa, ed un rettangolo irregolare era la forma della città, posta sopra un colle isolato accessibile solo da due parti che alla epoca etrusca questi massi ed i frantumi dei vasi dipinti appartengono: che durante l’ impero vi fu edificata una villa ed a tale epoca appartengono i mar­mi, e le scorniciature. Che nel secolo X fu di nuovo fortificata con quel recinto turrito e merlato che anco­ra si traccia, fondato sul recinto primitivo distrutto fin dal tempo de’ re di Roma. A quella epoca pure ap­partiene una specie di altare di forma pentagona che era nella chiesa, sul quale si legge la memoria della dedicazione della chiesa medesima l’anno 1000 in que­sti termini:

DEDICATIO HEC                                                  AD HOnorem
TEPLI ET ALTARIS                                                 DNI NRI Iesu Xpi
AN DNI  M                                                             ET BEATE Mariae
INDICT  V . . . . .                                                     SEPER Virginis
ET BEAT PETRi apli
SCO . . . . . . . . . . . .
ET BEATI H . . . . . .
hoc opvs fecit fieri                                                  ds ppitivs ei sc iohs pbr ….
sc iohs amiza

cioè: Dedicatio haec templi et altaris anno Domini millesimo indictione V….. ad honorem Domini nostri Jesu Christi, et beatae Mariae semper Virginis, et beati Petri apostoli sanctorum…. et beati h…… Hoc opus fecit fieri, Dominus propitius (sit) ei, scili­cet Johannes presbyter (E quì è una sigla inesplicabile) scilicet Johannes Amiza. V. CASTEL CAMPANILE

ARX CARVENTANA
V. ROCCA MASSIMA.

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