Affile

Afile.

[t. 1, pp. 38-47 ]

E’ una terra di 1429 abitanti, secondo le ultime tavo­le del censimento, situata nel paese degli Ernici, ed oggi dipendente da Subiaco, sì nel governo temporale, come nello spirituale, dalla quale città è distante circa 6 miglia, sulla sponda sinistra dell’Aniene. Essa stà sopra una. lacinia del monte Faggeto che può riguardarsi come un contrafforte dell’ Arcinazzo verso sud-ovest, il quale si prolunga da oriente a settentrione fino al confluente del rivo di Tuccianetto nell’ Aniene sotto a Canterano. Frontino, o chiunque sia l’autore del trattato de Coloniis la nomina come oppidunt, ossia terra fortificata, do­ve fu per la legge sempronia dedotta la colonia: AF­FILE oppidum lege sempronia: in centuriis et in la­ciniis ager eius est assignatus: iter populo non de­betur. Plinio lib. III. c. V. §. IX, nomina gli Affilani fra le colonie esistenti a’suoi giorni. E questi due passi so­no i soli che ricordino la esistenza antica e lo stato di colonia di questa terra. La legge sempronia, alla quale allude Frontino è la celebre legge agraria proposta dal tribuno Tiberio Sempronio Gracco l’anno 620 con che

restrinse a 500 iugeri la possidenza de’ricchi, ed ordinò che sarebbero nominati i triumviri per dividere il rima­nente delle terre alle classi povere, legge che fu causa della sua morte violenta. I triumviri furono nominati l’anno seguente per testimonianza di Patercolo lib. II. c. II, e Gracco creò per tale uopo se, il suo suocero Appio, ed il suo fratello Caio: triumviros agris divi­dendis, coloniisque deducendis creavit se, socerum­que suum consularem Appium, et Gracchum fratrem admodum iuvenem. Quindi la colonia vi fu dedotta in quell’anno medesimo, essendo consoli, Publio Muzio Scevola, e Lucio Calpurnio Pisone Frugi.

     Volpi T. IX. p. XXVIII, va insinuando, che il nome di Affile che egli scrive con una sola f derivi da […];, e colla franchezza sua ordinaria scrive che debba tradursi quasi non amicae hospitum fortasse dictum; non so se egli mai entrasse in Affile, poiché altrimenti ne avrebbe ragionato più a lungo, e non avrebbe dato a que’buoni abitanti, che sono pieni di spirito e cortesia, una taccia che certamente non meritano. Cayro nelle Notizie Storiche delle città del Lazio Vecchio e Nuovo sul bel principio parla di Affile e ne vorrebbe dedurre il nome dalla voce ebraica, o fenicia […]che egli tra­duce latens, perché nascosta fra i monti; una in primo luogo quell’ aggettivo derivato dal verbo inusitato […] che denota il cadere del sole, e che perciò dovrebbe tradursi Serotinus, Vespertinus, mal si conviene ad Affile che è principalmente rivolto a mezzodì: in secondo luo­go perché cercare la etimologia del nome di una città eroica nella lingua fenicia, od ebraica ? E non sarebbe meglio confessare che di questa città italica ignoriamo la etimologia, la quale d’altronde poco interessa di cono­scere?
Il passo però di Frontino ricordato di sopra mostra chiaramente, che Affile era colonia romana, e della sua antichità fanno testimonianza le lapidi ancora esistenti nella Terra, che io trascrissi sul luogo l’anno 1821. La prima è di marmo ed incastrata sotto il campanile della chiesa, che è la prima dopo quella rurale di s. Pietro, che incontrasi per chi entra in Affile da Subiaco

  1. VALERIO
    ADMETO
    VIATOR. PR. ET
    COS
    SEVIRO. AVG
    FECIT
    VALERIA. M. F
    QVINTA

  PATRI. PIISSIMO. ET
VALERIA. SYMPHERVSA
CONIVNX

E questa, come si conosce facilmente, fu eretta a Marco Valerio Admeto Viatore ( noi lo diremmo batti­strada ) del pretore e del console, seviro augustale, che

nelle colonie equivaleva ai pontefici in Roma, da Vale­ria Quinta sua figlia, e da Valeria Simferusa sua moglie.
Vicino a questa è quella frammentata, che appartie­ne all’anno 249 della era volgare, poiché ricorda il nome de’ consoli Emiliano per la seconda volta, ed Aqui­lino

lllllllllllllllllllllll
llllllDECR PVB
llllll D. D. D
llllllDICAVIT
llllllDVS MAIAS
llllllLIANO II
llllllVILINO COS

e la forma irregolare delle lettere corrisponde bene a quella epoca. Una via antica, che legava la prenestina alla sublacense, traversava Affile, e se ne veggono le traccie verso mezzodì sotto la Terra attuale, altra prova che Affile non è un luogo recente. Sulla piazza principa­le poi nel muro della chiesa è un piedestallo di calcaria locale, sul quale leggesi la iscrizione ricordata dall’ Ol­stenio nelle Adnotationes in Italiam Antiquam p. 204: e publicata inesattamente dal Grutero p. CCCXVII. n. 10 dalle schede dell’Orsini.

  1. AFILANO. L. F
    AN PROVINCIALI
    EQVO. P. ORNATO
    LVPERCO. DESIG.
    HVIC ORDO STATV
    AM DECREVIT
  2. AFILIANVS VERECVN
    DVS.H.V.S.R
    L.D.D.D.

da questa epigrafe si trae, che a questo Lucio Afilano, figliuolo di Lucio, della tribù aniense, che avea il co­gnome di provincialis, cavaliere, e luperco designato, il consiglio, come oggi diremmo, del commune, (ORDO ) avea decretata una statua, e che questa venne ristabilita da Lucio Afilano Verecondo, (H. V. S. R. Huius viri statuam restituit ) a che il luogo fu dato per decreto de’decurioni (L. D. D. D. locus datus decreto decurionum ). Un’altra lapide esiste pure sopra questa piazza verso set­tentrione, della quale servonsi di seditore: anche essa è in calcaria, e chiaramente si vede che fu un altro pie­destallo, poiché rimane ancora la traccia de’piedi della statua che sosteneva: essa appartenne ad un Verrio, che forse fu Verrio Flacco celebre pel calendario ricordato da Svetonio, o qualche altro attinente della famiglia mede­sima;

llllllERRIO C F
llllllEN
llllllllDA
llllllONOR
llllllRITALIVS
llllllONETALIS
llllllAEN P CON
lllllllD

Altri frammenti di pietre, colonne, capitelli, cornici, come pure molti massi quadrilateri incastrati nelle co­struzioni moderne sono una prova di fatto dell’antichità del luogo, che oggi è così segregato, ma che nulladime­no fra quelle montagne ha un territorio fertile e particolarmente vitifero, che dà un vino squisito da poter stare a fronte del così detto aleatico.

Anastasio nella vita di Sisto III fra i beni assegnati alla basilica di s. Maria Maggiore da quel papa, nomina una possessione Celeris nel territorio affilano, che rendeva cento undici soldi ed un trimisse. Quindi può stabi­lirsi che nel 440 non si era perduta la memoria di Affile. Non lo era neppure un secolo dopo, poiché s. Gregorio nel secondo de’ Dialoghi parlando di s. Benedetto dice, che quel santo si portò in locum qui dicitur Effide: è questo nome in luogo di Affile, e sovente s’incontra così enunciato nelle carte de’tempi bassi, come pure in quel­le stesse carte trovasi scritto Affile. Cencio Camerario ri­portando il registro di papa Gregorio II mostra come nell’anno 720 i fondi denominati Pigrino, Casanova, Tur­ritano, Lagano, Calabruncano, e Trivitano, parti della

massa Ponziana erano posti in Affile, e furono dati in enfiteusi perpetua ai preti della diaconia di s. Eustachio al saggio di 50 soldi bizantini d’oro: Muratori Anti­quit. Italicae T. V. L’anno 952 era ridotta allo stato di colonia, che apparteneva ad un tal Benedetto console, e duca, che in quell’anno donolla a Leone abbate di Subiaco. L’atto originale di questa donazione vien ri­portato dal Muratori nella opera sovrallodata T. I. p. 163 e seg. Ciò si conferma ancora nella cronaca sublacense, nella quale si legge come Leone decimottavo abbate di quel monastero acquistò a s. Benedetto Effidem castrum oltre varii altri beni. Nella bolla di Benedetto VII del 978 riferita dal Marini ne’Papiri Diplomatici, e riguar­dante i beni e la giurisdizione del vescovo tiburtino si nominano i fondi di Ponza, Casa, Casalupoli, Canistra, Scaplanus, Caesarea, e Cisiniano, come limitrofi fra loro e tutti posti nel territorio di Affile, e che avea­no per confini Affile, Turrita, Gaianello e Parercla­no. Da un altro documento publicato dal Muratori nell’opera sovraindicata T. V. p. 773 si trae come verso l’anno 1005 Giovanni abbate del monastero di s. Sal­vatore di Cominacchio, ossia ad Commune Aquae do­nò al monastero sublacense una cisterna antica lastricata, posta in Affile fra la chiesa di s. Maria e quella di s. Pietro nel tenimento allora denominato Ferenti nello minore, la quale era stata comprata anteceden­temente da quel monastero; i monaci l’avevano restau­rata per ordine di Ottone III imperadore ad honorem s. Michaelis archangeli et. s. Benedicti et. s. Adal­berti. Chi è stato in Affile conosce quanto scarseggi di acqua, e quanto incommoda cosa sia andarla ad at­tingere alla distanza di un miglio, e per conseguenza quanto utile sarebbe avere una buona cisterna entro la terra. Dopo quella epoca Affile e Ponza,che è una terra vicina, furono occupate da un tale Ildemondo: l’abbate sublacense Giovanni di concerto con papa Pa­squale II pervenne a riprenderle, dové però cedere l’usufrutto di Affile allo stesso Ildemondo ed ai figli, e sborsare 100 libre di danaro. Tali notizie ricavami da un documento riportato dal Muratori Ant. Ital. T. I. p. 619 e della cronaca sublacense riportata dallo stesso nella raccolta de’ Rerum Italicarum Scriptores T. XXIV. E qui è da notarsi, come in ambedue que­sti documenti Affile ha il nome di Castrum, cioè ter­ra fortificata, e nel Chronicon specialmente si ricorda­no due torri. Così nella bolla di conferma de’ beni del monastero sublacense data da papa Pasquale II 1’anno 1115 inserita nella suddetta cronaca si nominano espres­samente medietatem montis Afilani….. Castrum Afilae etc. Nella medesima si legge, che ai tempi di Eugenio III. Ponza ed Affile vennero occupate da Fi­lippo ed Oddone nipoti dell’abbate Pietro defonto: non si conosce precisamente l’anno, ma quel papa se­dette dall’anno 1145 fino al 1150; queste terre ven­nero poco tempo dopo e nello stesso pontificato ricu­perate coll’aiuto del papa dall’abbate Simone. E sem­bra che questo dominio temporaneo degli abbati sublacensi fosse causa di questioni di giurisdizione spirituale, che insorsero fin dall’anno 1186 fra l’abbate ed il vescovo prenestino, il quale antecedentemente la pos­sedeva, onde fu convenuto che per decima il clero di Roiate, Ponza,ed Affile avrebbe dato ogni anno no­ve rubbia di buon frumento, e nove rubbia di spelta, oltre altri diritti indicanti giurisdizione, patti che ven­nero confermati l’anno 1245 con una bolla di Alessan­dro IV riportata dal Petrini Memorie Prenestine p. 404. e seg. E questa decima fu da Urbano VIII definitiva­mente ridotta a scudi 65 annui, che l’abbate pro tem­pore deve pagare al vescovo prenestino, mentre dall’altro canto fin da quell’anno fu Affile cogli altri luo­ghi in questione sottomessa intieramente alla giurisdi­zione spirituale dell’ abbate commendatario di Subiaco.
Ad Affile si può andare da Roma per la via di Pa­lestrina, o per quella di Subiaco: la distanza per am­bedue le strade può dirsi la stessa, cioè di circa 53 miglia, poiché se quella di Subiaco è di circa 53 mi­glia e per conseguenza poche miglia più lunga dell’ al­tra, questa è molto più malagevole e prende un tem­po eguale; quindi da questo canto è indifferente l’an­dare per una strada o per l’altra: è però da os­servarsi che andando dalla parte di Palestrina si può andare con vetture commodamente per circa 30 miglia e difficilmente per altre 4 cioè fino ad Olevano: dal­l’altra parte all’opposto si va commodamente fino a Subiaco, e da quella città Affle è soltanto 5 miglia e mezzo distante. Il tratto però fra la prenestina e la sublacense specialmente ne’dintorni di Olevano è così incantevole, che è miglior consiglio andare per una via e tornare per l’altra. E supponendo come più com­modo l’andare ad Affile da Subiaco, e tornare per l’altra parte, primieramente da Subiaco discendesi al ponte della Mola dov’è un bivio: lasciando la via a de­stra si prende quella a sinistra, che gira per alcun tem­po intorno al monte Carpineto, e lasciando un sentie­ro a sinistra scavalcasi una lacinia di quel monte: cir­ca 1 miglio dopo Subiaco incontrasi un altro bivio, do­ve deesi prendere a destra: e poco dopo un quadri­vio, dove pur dee seguirsi la strada a destra. Si sale e discende una fimbria del monte Fageto: e verso il secondo miglio se ne sormonta un’altra, dove incon­trasi un altro bivio; seguendola strada a destra si co­steggia una convalle. Una cappella a sinistra indica la distanza di circa 3 m. e mezzo da Subiaco, ed il ter­reno si mostra vestito di quercie: un miglio dopo è un’altra cappella pure a sinistra, ed ivi costeggiasi un’altra convalle. Poco dopo il 5 miglio è un altro bivio: la strada a sinistra conduce a Ponza, quella a destra ad Affile: e nel salirvi lasciasi a sinistra la chiesuola di s. Pietro di che feci menzione di sopra.
Andando da Affile a Palestrina e discendendo per la via a sinistra della lapide di Lucio Afilano per chi guarda la chiesa, circa un miglio dopo si perviene ad un fontanile, e quindi dopo breve salita si scende ad un bivio dove è d’uopo tenere la via a sinistra, poiché quella a destra conduce a Civitella. Verso il secondo miglio da Affile passasi dinanzi una casetta a destra ed un fontanile a sinistra, ed un quarto di miglio dopo un rigagnolo, che va ad influire nell’Aniene sotto Can­terano. Da quel punto si sale per quasi 2 miglia al dor­so del monte Carbonaro, dove è una croce sulla cima, ed una bella spianata; ivi dappresso è un romitorio sa­cro a s. Benedetto. Da questo ripiano si può con sicu­rezza conoscere, che Civitella e Roiate sono ambedue sopra una medesima striscia, intermedia fra quelle di Ponza ed Affile, e di Capranica e Palestrina. Da lungi discopresi Velletri, ed il dorso de’monti lepini. Dopo un miglio si scende a Roiate, e nella discesa a destra veggonsi spiccare i due coni della Serra di Cerreto, e a sinistra da lungi si distingue Paliano. Da Roiate si va ad Olevano per una strada tagliata entro rupi vul­caniche, e si discende sempre dopo un miglio si la­scia una edicola, e quindi traversasi un bel castagne­to: una croce, che usciti dal castagneto s’ incontra 4 miglia circa dopo Roiate annunzia la vicinanza della terra di Olevano, che è pittoresca per ogni riguardo. Da Olevano alla strada di Palestrina sono circa 8 mi­glia, e da questa giunzione a Palestrina se ne contano 7 passando per Cave.

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